Grazie al governo Meloni la pensione a 67 anni è diventata più facile, ma pochi lo dicono

Grazie al governo Meloni la pensione a 67 anni è diventata più facile perché sono due leggi di Bilancio consecutive che si favoriscono i contributivi puri.
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Grazie al governo Meloni la pensione a 67 anni è diventata più facile, ma pochi lo dicono
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Dopo le ultime due leggi di Bilancio del governo Meloni, anche senza grandi interventi populistici sulle pensioni e senza troppo rumore, per i lavoratori andare in pensione è diventato sempre più facile. In effetti, quasi sotto traccia, sono passati due provvedimenti inseriti. Il primo nella legge di Bilancio 2024 e il secondo nella legge di Bilancio del 2025, che di fatto agevolano la pensione di vecchiaia. Grazie al governo Meloni, la pensione a 67 anni è diventata più facile, ma pochi lo dicono. Ecco perché dobbiamo capire da dove parte quello che, a tutti gli effetti, è un cambio radicale del meccanismo.

Le differenze tra contributivi puri e vecchi iscritti

Esiste uno spaccato molto particolare di contribuenti: coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Parliamo dei nuovi iscritti, ovvero soggetti che hanno il loro primo contributo versato a qualsiasi titolo solo a partire dall’entrata in vigore della riforma contributiva di Lamberto Dini.

Per loro, le regole di pensionamento sono diverse dagli altri. Ad esempio, la pensione anticipata contributiva è una misura che riguarda solo i nuovi iscritti, che possono andare in pensione già a 64 anni di età con 20 anni di versamenti. Una possibilità che non riguarda chi ha iniziato a versare prima del 1996. Lo stesso vale per la pensione di vecchiaia, che i contributivi puri possono percepire a 71 anni anche con solo 5 anni di contributi, una cosa che invece non è prevista per chi ha iniziato a versare prima del 1° gennaio 1996.

Ma va anche detto che, per le pensioni di vecchiaia, chi ha cominciato a versare prima del 1995 può uscire dal lavoro a 67 anni di età, con 20 anni di contributi, e con una pensione anche molto bassa. Tanto è vero che il trattamento poi viene integrato al minimo e rimpinguato con le eventuali maggiorazioni sociali.

Per i contributivi puri, invece, la pensione a 67 anni di età con 20 anni di contributi si ottiene solo se questa è di importo pari o superiore all’assegno sociale.

E il trattamento non può essere integrato al minimo e non può godere delle maggiorazioni sociali, che per i contributivi non si applicano. Però adesso, grazie al governo Meloni, la pensione a 67 anni è diventata più facile anche per loro.

Grazie al governo Meloni la pensione a 67 anni è diventata più facile, ma pochi lo dicono

La pensione di vecchiaia per un contributivo puro viene liquidata a condizione che il suo importo sia pari ad almeno l’importo dell’assegno sociale valido nell’anno di uscita. Ad esempio, nel 2024 non può esserci pensione di vecchiaia per un contributivo puro se questa non è pari ad almeno 534,41 euro al mese. Nel 2025 probabilmente ci vorrà una pensione pari o superiore a circa 540 euro al mese per uscire a 67 anni di età.

Ma è stato il governo Meloni, nella legge di Bilancio entrata in vigore dal primo gennaio 2024, a portare la soglia al livello dell’assegno sociale. Prima, infatti, bisognava raggiungere un trattamento non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

Con questa variante, il governo ha concesso, per esempio, la pensione a soggetti che sono arrivati a 534,41 euro di pensione liquidata nel 2024. Mentre se fossero rimaste le regole vecchie, questo soggetto avrebbe ricevuto la reiezione della domanda. Ciò perché serviva una pensione da 801,61 euro al mese, cioè 534,41 moltiplicato per 1,5. Domanda respinta nonostante i 67 anni di età completati per la pensione. E nonostante i 20 anni di versamenti.

E nel 2025 si prosegue con la salvaguardia della pensione di vecchiaia ai contributivi

Nel 2025 si prosegue nella stessa identica direzione, alzando ancora una volta il tiro. Perché diventa ancora più facile per molti contribuenti arrivare alla soglia minima prevista. Che resta sempre pari all’assegno sociale e che magari salirà nel 2025 visto che l’assegno sociale aumenterà per via dell’inflazione.

Il governo ha aperto alla possibilità di usare ciò che eventualmente spetta di rendita dalla previdenza complementare per chi versa in fondi integrativi oltre che all’INPS, per raggiungere l’importo soglia. In pratica, i circa 540 euro al mese che serviranno per poter andare in pensione di vecchiaia nel 2025 potranno essere raggiunti, per chi non ci riesce con la pensione INPS, anche aggiungendo i soldi delle rendite complementari.

Non saranno dei super provvedimenti, di quelli che in fatto di popolarità sono il top. Ma dire che grazie al governo Meloni la pensione a 67 anni è diventata più facile non ci sembra del tutto fuori luogo.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

  1. Non si puo sentire .la realtà è che da un promesso superamento almeno in parte della fornero dal 2025 assisteremo solo ad un costante peggioramento .un circo di nani e ballerine pure scarse.

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