E’ stata negli ultimi quattro anni il vicepresidente più insignificante della recente storia americana. Quando il suo nome emerse come possibile rimpiazzo del presidente Joe Biden in qualità di candidato democratico per la Casa Bianca, tutto faceva prevedere che sarebbe finita com’è poi finita davvero. Kamala Harris ha perso e anche malamente. Non solo non è riuscita ad impedire a Donald Trump di entrare alla Casa Bianca, ma a scrutinio ancora in corso è certo che la sinistra abbia perso il Senato e molto probabilmente non riconquisterà la Camera dei Rappresentanti, dove la sua presenza sembra persino destinata a contrarsi.
Vicepresidente impalpabile
I limiti di Harris c’erano tutti. Nel 2020 si ritirò dalle primarie del Partito Democratico ancor prima che iniziassero. I sondaggi la davano all’1% scarso tra gli elettori della sinistra stessa. Insomma, ebbe la fortuna di essere scelta come vice di Biden forse per non farle ombra. Alcuni avevano malignato che sarebbe stata utilizzata come possibile riserva nel caso in cui il presidente in carica fosse stato costretto alle dimissioni, magari per problemi di salute. In realtà, la sua impalpabilità l’aveva estraniata dal suo stesso partito, che non le ha affidato durante l’intero mandato alcun dossier di rilievo.
Errori della candidata dem
Ma Harris ha commesso errori grossolani anche in campagna elettorale. Ha definito il rivale un “fascista”, lo ha paragonato a “Hitler” e, soprattutto, ha pensato bene di rappresentare il ceto medio ostentando gli endorsement delle star di Hollywood nei comizi. Da Beyoncé a Taylor Swift, da Arnold Schwarzenegger a Eminem, da Oprah Winfrey a Julia Roberts, è stata una sfilata di attori, attrici e cantanti che hanno indisposto gli elettori più che attratti.
Ricordate che per mesi ci hanno raccontato che la sola discesa in campo dell’icona pop Swift avrebbe spostato vagonate di voti in tutti gli stati in bilico? Fuffa. Nella sua Pennsylvania ha vinto Trump. E le donne non hanno seguito affatto il messaggio femminista di Roberts “votate contro i vostri mariti”. Hollywood e i fiumi di denaro dei presunti mecenati non valgono una mazza nel segreto delle urne.
Gli errori di Harris sono ormai connaturati al modo stesso di essere progressisti: negazione della diversità di vedute, ignorare i problemi derivanti da fenomeni come immigrazione, globalizzazione e transizione energetica e sottovalutare la domanda di sicurezza nelle città. Questi i punti salienti e cause della sconfitta sempre più generalizzata per i movimenti di sinistra. Trump ha vinto promettendo cose ben precise: più trivellazioni per estrarre petrolio, deportazioni di massa dei clandestini, dazi e stop alle guerre. Sono le stesse tematiche sensibili emerse dalle recenti elezioni europee e sulle quali tutt’ora la sinistra non intende mutare posizione.
Harris e il circo mediatico
Penoso, infine, il circolo mass-mediatico. Ha voluto offrire la sensazione di incertezza assoluta dei risultati elettorali, quando non era così. Sondaggisti e stampa hanno narrato una realtà parallela per cercare di tenere alto l’umore tra gli elettori di Harris. Non solo non ha funzionato, ma ha ampliato il solco tra cittadino e media. Dopo l’ennesimo flop delle previsioni ufficiali, chi mai può fidarsi delle news propinate quotidianamente dalla grande stampa? C’è una cerchia di persone nelle alte sfere che se la canta e se la suona e pretende di farla bere a tutti gli altri.