La vittoria di Donald Trump ha scombinato le relazioni geopolitiche e sta già avendo grosse ripercussioni sull’Unione Europea. La premier italiana Giorgia Meloni ne esce, come vedremo, rafforzata. Coincidenza vuole che il ritorno del tycoon alla Casa Bianca avvenga contestualmente alla crisi di governo in Germania. Il cancelliere Olaf Scholz non ha più il sostegno dei liberali e ha perso così la maggioranza al Bundestag, sebbene lo sancirà ufficialmente il voto di fiducia per il 15 gennaio. Ci saranno elezioni anticipate a marzo e, salvo un miracolo che non si nega preventivamente a nessuno, sarà rottamato dai tedeschi.
Meloni più forte dell’asse franco-tedesco
Il presidente Emmanuel Macron in Francia non se la passa meglio. Ha straperso le elezioni europee, ha convocato elezioni anticipate in estate ed è rimasto senza maggioranza in Assemblea Nazionale, dovendo nominare un governo in balia degli umori della destra di Marine Le Pen. L’asse franco-tedesco non è scomparso, ma semplicemente non conta più granché, essendo specchio di due leader molto deboli. Se n’è accorta la stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la quale ha spostato a destra l’asse del suo nuovo esecutivo, aprendo non solo ai conservatori capeggiati da Meloni, ma anche al gruppo dei Patrioti con la nomina di un commissario.
Il ciclone Trump ha indebolito ulteriormente Scholz e Macron, che tifavano per Kamala Harris. Pur non essendosi esposta in campagna elettorale, Meloni è considerata vicina al presidente eletto. I repubblicani sono una formazione gemellata con i conservatori di Ecr. Alle sue convention la premier viene invitata regolarmente. Ed è molto amica di Elon Musk, il genio folle che potrebbe persino entrare nella nuova amministrazione americana. Non a caso, mercoledì la premier ha sentito al telefono sia Trump che Musk.
Italia unico paese stabile in questa fase
L’Unione Europea è priva di leadership in questa fase.
Meloni è l’unica leader tra le grandi nazioni dell’Occidente ad essere vicina alle istanze trumpiane, pur avendole edulcorate dal suo ingresso a Palazzo Chigi per ragioni di pragmatismo. Questa sua posizione atlantista e non euroscettica le sta già servendo per diventare il punto di riferimento per Bruxelles nelle relazioni con la futura amministrazione Trump. Un ruolo di mediazione, che l’asse franco-tedesco non si rassegnerà a cedere, tant’è che la prossima settimana è possibile un’imboscata ai danni di Raffaele Fitto, vicepresidente designato della Commissione. In audizione per ricevere l’avallo dell’Europarlamento i socialisti potrebbero votargli contro.
Merkel riferimento per anni degli Usa in Europa
La premier italiana può esercitare quel ruolo che per molti anni fu di Angela Merkel. Durante l’amministrazione Obama, quando da Washington non sapevano chi chiamare per interloquire con l’Unione Europea, l’allora cancelliera divenne un riferimento non soltanto per la rubrica telefonica alla Casa Bianca. Essendo anche il capo di governo della principale economia europea, il suo ruolo fu riconosciuto sul piano internazionale. La Germania ne trasse grande vantaggio sul piano geopolitico e persino economico-finanziario.
L’Italia non è la Germania e la sua capacità di leadership non si può costruire dall’oggi al domani. Tuttavia, la congiuntura politica e un pizzico anche economica giocano a nostro favore.
Meloni favorita nel rapporto con Trump
Già i rapporti con von der Leyen sono ottimi, malgrado il voto contrario di Fratelli d’Italia alla sua rielezione. E sul punto abbiamo già scritto che si sarebbe trattato di una pantomima. Meloni è anche vicinissima a Manfred Weber, leader del Partito Popolare Europeo e “nemico” interno della connazionale von der Leyen. Nessuno di loro, tuttavia, gode di buone relazioni con il mondo trumpiano. Nessuno, salvo Meloni s’intende. Ad un tratto, le presunte “ambiguità” denunciate dalla sinistra italiana sulle posizioni del governo in politica estera girano a nostro favore. L’Italia non sarà più relegata ai margini della politica comunitaria, come lo è stata nel decennio passato sotto i governi europeisti di maniera.