Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sta coincidendo con un rafforzamento generale del dollaro nei confronti delle altre valute mondiali. Segna un rialzo medio del 5,4% dalla fine di settembre, tornando ai livelli di fine giugno. E la moneta unica non sta facendo eccezione: il cambio euro-dollaro perde il 5% in meno di un mese e mezzo e scende all’attuale valore di 1,0630, ai minimi dall’aprile scorso. Un trend che non può far piacere alla Banca Centrale Europea (BCE), in quanto aggiunge un fattore di incertezza nel percorso per il raggiungimento della stabilità dei prezzi.
Cambio di policy negli Usa
La vittoria di Trump sta facendo scontare ai mercati finanziari un cambio di politica economica per gli Stati Uniti. La prossima amministrazione intende tagliare le tasse sulle imprese, aumentare gli investimenti pubblici e imporre dazi sulle merci straniere, cinesi in testa. Tutte misure che avrebbero un impatto inflazionistico per l’economia americana. Le prime due sosterrebbero la domanda interna e l’occupazione, la terza aumenterebbe i costi delle importazioni.
Di riflesso, la Federal Reserve avrebbe minori margini per tagliare i tassi di interesse. Lo ha fatto finora due volte per lo 0,75% in tutto, stessa percentuale per la BCE attraverso tre interventi da giugno. A rilevare sul cambio euro-dollaro è la divergenza monetaria attesa tra Stati Uniti ed Eurozona. I primi continuano a crescere, la seconda è in panne. La Fed può permettersi di prendersi anche qualche pausa nel tagliare i tassi, mentre la BCE non avrebbe lo stesso tempo a disposizione per evitare la recessione.
Cross verso la parità
Sta di fatto che il cambio euro-dollaro già entro la fine dell’anno potrebbe portarsi sulla parità o scendere anche leggermente sotto. Secondo Michael Cahill, analista di Goldman Sachs, il cross può deprezzarsi del 3%, ma nel caso in cui il governo americano adottasse dazi generalizzati contro le merci europee, il crollo arriverebbe al 10%.
C’è da dire che le prime misure di politica economica di Trump non le vedremo prima di fine gennaio. L’insediamento si terrà ufficialmente il 20 gennaio, per cui fino ad allora ci saranno solamente speculazioni e ipotesi nel corso della transizione tra le due amministrazioni. Certo è che il cambio euro-dollaro vivrà tempi duri. L’economia europea vive di esportazioni. I governi comunitari non possono sostenere la domanda interna con una politica fiscale espansiva, se non alcuni di loro (Nord Europa) e in misura limitata. Lo vietano i criteri del Patto di stabilità.
Cambio euro-dollaro riflette debolezza UE
Pertanto, l’unico modo che l’Eurozona ha di sperare di evitare la recessione è di continuare a tagliare i tassi. Ciò deprime il cambio euro-dollaro, in considerazione che altrettanto non farebbe la Fed di Jerome Powell. E i capitali si spostano dove la remunerazione del capitale è più alta. Il limite di azione per la BCE sarà determinato dall’inflazione. Una sua risalita per effetto dell’indebolimento dell’euro legherebbe le mani a Francoforte. Evidentemente, il mercato crede che la crisi più che compenserà le spinte inflattive. L’economia nell’area è già debole e i dazi sarebbero quella scossa che la farebbe cadere per terra.