Sono trascorsi esattamente undici mesi dall’insediamento di Javier Milei “el loco” alla presidenza argentina e dall’inflazione continuano a giungere notizie sempre più rassicuranti. Nel mese di ottobre, l’indice dei prezzi al consumo è salito del 2,7% rispetto a settembre. Si è trattato del dato più basso dal novembre del 2021. Su base annua, il rallentamento c’è stato lo stesso, ma al 193%. Questo significa che il costo della vita rispetto a un anno prima è pressoché triplicato. E allora perché possiamo parlare di successo? Ci sono due modi per guardare all’inflazione.
Prezzi in forte rallentamento con Milei
Quando Milei s’insediò, l’inflazione mensile era esplosa al 25,5%, principalmente sulla maxi-svalutazione del cambio del 54% contro il dollaro. L’inflazione annuale era al 211,4%, in netta accelerazione dal 160,9% del mese precedente. Ma l’anno scorso, i prezzi erano ancora “repressi” da un cambio tenuto artificiosamente sopravvalutato, nonché da un insieme di misure governative per sussidiare le famiglie e le imprese.
L’inflazione argentina sotto Milei ha raggiunto il picco del 292,2% nell’aprile scorso, sempre su base annuale. Ma il rallentamento dei prezzi è arrivato poche settimane dopo l’insediamento, dato che a gennaio già la crescita mensile scendeva al 20,6%. In pratica, attualmente stanno aumentando ad un ritmo pari a un decimo rispetto alla fine dello scorso anno. Per questo è un successo, anche se non ancora definitivo. Se proiettiamo il dato di ottobre nei dodici mesi, cioè se i prezzi al consumo crescessero di mese in mese del 2,7% per un anno intero, l’inflazione tendenziale sfiorerebbe il 38%, ancora elevatissima, pur in crollo verticale rispetto ai valori attuali e non così irragionevole per la storia domestica.
Bilancio dello stato in attivo
Non c’è solo l’inflazione argentina in calo ad inviare segnali di speranza.
Milei ha tagliato sussidi e investimenti pubblici, licenziando al contempo tutti i dipendenti dello stato assunti con contratti a termine o nell’ultima fase della precedente amministrazione. I cantieri si sono fermati. E’ il prezzo da pagare per risanare i conti pubblici e contrastare l’inflazione. Perché su una cosa il presidente non sbaglia di certo: l’instabilità dei prezzi è figlia del disordine fiscale, tramite la monetizzazione dei deficit di bilancio. In Argentina si è fatto per troppo tempo un uso clientelare della spesa pubblica, riducendo gli impulsi positivi nel settore privato e alimentando una spirale inflazionistica.
Inflazione argentina indicatore primario
Le stamperie della banca centrale sono state frenate. La quantità di moneta in circolazione è salita del 76% nei primi otto mesi dell’anno contro un aumento dei prezzi al consumo del 95%. Negli otto mesi precedenti, a titolo di confronto, la massa monetaria era cresciuta del 90% contro un’inflazione cumulata del 135%. Non ancora numeri confortanti, ma il trend è corretto. L’inflazione argentina è l’indicatore che più di ogni altro ci fornisce la misura del successo dell’amministrazione, nonché il grado di sofferenza della popolazione. L’ottimismo cresce anche sull’onda della vittoria di Donald Trump, di cui Milei è un alleato.