Intesa Sanpaolo ha annunciato che procederà al rimborso del bond perpetuo Vita emesso nel 2014 (ISIN: XS1156024116) per l’importo di 750 milioni di euro. Si trattò di un’obbligazione senza scadenza e riservata agli investitori istituzionali. In questi dieci anni ha offerto una cedola annua fissa del 4,75% lordo (3,515% netto) in via posticipata e con cadenza annuale. La data di reset era stata fissata per il prossimo 17 dicembre 2024. In caso di mancato rimborso del capitale, l’emittente avrebbe dovuto riconoscere all’obbligazionista un tasso annuale pari all’Euribor a 6 mesi aumentato di 100 punti base o 1%.
Cedola da fissa a variabile con mancato rimborso
Il bond di Intesa Sanpaolo, ove non richiamato, avrebbe offerto un rendimento in area 3,75%, considerato che attualmente l’Euribor a 6 mesi si aggira intorno al 2,75%. Non è tanto, corrispondendo al 2,78% netto scarso. Tenete conto che un BTp a 10 anni offre all’incirca il 3,60% lordo ancora oggi.
Guardando ai numeri, emerge che Intesa non voglia richiamare il bond per ragioni strettamente legate ai costi. Anzi, allo stato attuale le costa di più emettere debito senza scadenza o anche solo a lungo termine. Ci sarebbe una ragione di opportunità alla base del rimborso anticipato. Il mercato confida che questi venga esercitato sempre alla prima data di reset. Resterebbe molto indisposto se così non fosse, anche perché nello specifico riceverebbe un pagamento magro e inferiore alla cedola precedente.
Bond Intesa non segue precedente di Santander
Nel 2019 fu Santander a sorprendere gli obbligazionisti con l’annuncio del mancato rimborso del perpetuo alla data di reset prevista. Contrariamente a quanto temuto, non vi fu alcuna reazione negativa. Anzi, la decisione venne colta come il frutto della consapevolezza della banca spagnola circa la propria solidità finanziaria. In ogni caso, la salvaguardia della reputazione vuole che il rimborso avvenga sempre alla prima occasione utile, sebbene questi strumenti in sé comportino formalmente il rischio che non accada.