Il test per l’amministrazione Trump sarà il peso del governo in economia

La prossima amministrazione Trump sarà chiamata a ridimensionare il peso del governo americano nell'economia. Un test in mano a Musk.
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Amministrazione Trump al test del governo in economia
Amministrazione Trump al test del governo in economia © Licenza Creative Commons

Sarà Elon Musk l’incaricato per l’amministrazione Trump all’efficientamento della macchina burocratica degli Stati Uniti. Gli è stato affiancato il politico repubblicano Vimek Ramaswamy in quello che tutti considerano un compito molto arduo. Il magnate, attualmente l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio che balla intorno ai 300 miliardi di dollari, ha promesso in campagna elettorale che al DOGE, acronimo di Department Office for Government Efficiency, taglierà la spesa federale di 2.000 miliardi. Un’immensità, che equivale a quasi un terzo del budget annuale.

Questi è stato di 6.750 miliardi nell’anno fiscale conclusosi il 30 settembre scorso.

Conti pubblici Usa allo sbando

Tagliare il peso del governo è tutt’altro che una mossa ideologica. Con un debito salito a quasi 35.500 miliardi, è diventata una necessità. Pur con un’economia che va bene, il deficit di bilancio è stato di 1.830 miliardi nell’ultimo anno fiscale. L’amministrazione Trump varerà tagli alle tasse e aumenterà gli investimenti pubblici. Non sarà possibile senza prevedere adeguate coperture finanziarie. A meno di voler mettere a dura prova i mercati finanziari, che già un paio di anni fa inviarono un messaggio eloquente all’allora premier britannica Liz Truss, costretta poco dopo alle dimissioni. Da cui l’infausto “effetto Truss“.

Lotta al big government, volta giusta?

Gli Stati Uniti non sono il Regno Unito. Stampano il dollaro, valuta di riserva mondiale. Possono indebitarsi con maggiore facilità e a costi più contenuti di altre grandi economie. Ma questo non vale all’infinito. Di crisi in crisi, a Washington le differenze tra democratici e repubblicani in merito all’ordine fiscale sono svanite per ripresentarsi puntualmente solo in campagna elettorale. I primi sono fautori di quello che gli americani chiamano il “big government”, mentre i secondi chiedono che la presenza dello stato arretri in economia. Ma senza tagli alla spesa, resta un slogan.

L’amministrazione Trump che verrà non sarà inaugurata all’insegna dei principi reaganiani. La minaccia dei dazi già di per sé piccona uno dei cardini del pensiero economico di destra, impostato sulla libertà di circolazione delle merci nel mondo. Tuttavia, il maxi-taglio agli sprechi promesso dal duo Trump-Musk (“plain weird” nella definizione del ticket dem Harris-Watz) la riconcilia con le istanze tradizionali della destra Usa. Margini per ottenere risultati concreti ve ne sarebbero. Pensate solamente alla sanità. Sappiamo che qui non è garantita a tutti i cittadini. Eppure, la sola copertura pubblica garantita ad anziani (Medicare) e bisognosi (Medicaid) è costata lo scorso anno più di 1.850 miliardi, qualcosa come il 6,7% del Pil.

Amministrazione Trump al test della lotta agli sprechi

In pratica, per garantire la sanità a poco più di un quarto della popolazione (circa 91 milioni di abitanti), il governo americano spende una quota del suo Pil superiore a quello dell’Italia, dove la copertura è garantita a tutti i residenti. Sensibile è anche il tema del bilancio del Pentagono: circa 825 miliardi, il 2,9% del Pil. Gli stessi repubblicani si mostrano storicamente contrari a ridurne le dimensioni. Vedremo se l’amministrazione Trump riuscirà nell’intento di dimagrire un po’ questa voce di spesa. Musk ha detto che saranno passati ai radar tutti i contratti federali. Avrà tempo fino al 4 luglio del 2026 per dimostrare il suo “genio” anche come consulente del governo. Scoprirà probabilmente a sue spese che nel privato l’efficienza è un must per sopravvivere sul mercato, mentre nel settore pubblico è vista come un intralcio ai clientelismi e alla realizzazione di promesse elettorali.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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