Sono passati circa mille giorni da quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Era il 24 febbraio del 2022 e il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Quasi tre anni dopo, la guerra prosegue. Ma con la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane, una tregua sembra più vicina. Il presidente eletto ha impostato la sua campagna elettorale sulla necessità di chiudere in tempi brevissimi i due conflitti che agitano le cancellerie straniere, compreso quello tra Israele e Hamas. Se la pace arriverà già nel 2025 è tutto da vedere.
Ricostruzione Ucraina costa mezzo trilione
Le perdite di vite umane dall’una e dall’altra parte sono state ingenti. A questo bisogna aggiungere anche i 10 milioni di profughi che hanno lasciato i territori invasi. Sul piano materiale ci troviamo di fronte a un panorama di devastazione. I collegamenti sono perlopiù distrutti, specie nell’area più orientale del Paese. Strade ed edifici pubblici e persino le abitazioni private non sono stati risparmiati dall’esercito invasore. Al 31 dicembre del 2023, calcolavano governo di Kiev, Banca Mondiale e Commissione europea, il costo della ricostruzione in Ucraina risultava salito a 486 miliardi di dollari. Un anno prima era di 411 miliardi.
Ipotesi riserve russe congelate
Verosimile che entro la fine della guerra avrà superato abbondantemente i 500 miliardi. Mezzo trilione, praticamente il doppio del Pil della Grecia. La domanda che finora non ci siamo posti apertamente, forse perché temiamo la risposta, è la seguente: chi paga? L’Unione Europea avrebbe in mente da tempo di usare le riserve russe “congelate” in Occidente per circa 300 miliardi. Già esse serviranno a copertura del prestito di 50 miliardi che i Paesi del G7 hanno deciso di erogare all’Ucraina. Il tema è e resta controverso. L’esproprio di asset finanziari investiti sui nostri mercati da un lato alleggerirebbe il conto da pagare, dall’altro creerebbe problemi di natura giuridica e avrebbe ripercussioni sul nostro appeal come area sicura per i capitali del resto del mondo.
L’amministrazione Trump non sembra intenzionata ad occuparsi della ricostruzione in Ucraina. Il movimento MAGA (“Make America Great Again”) chiede che gli Stati Uniti si disinteressino del resto del pianeta per concentrarsi sui suoi problemi interni. Ma il vero assente sul piano geopolitico è proprio l’Europa. Il nostro continente non ha una posizione autonoma, semplicemente perché non può averla. Non dispone di un esercito unitario, tanto per iniziare. E’ nel suo insieme una grossa potenza industriale, ma frammentata in decine di staterelli che si rivaleggiano sulle miserie. Infine, non posseggono alcuna politica fiscale comune.
Germania esclude Eurobond
Nelle scorse ore il governatore della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha invitato l’Eurozona a dotarsi di forme di condivisione di spesa per alcune “priorità comuni”. La parola magica sarebbe Eurobond, ma il fronte del Nord a trazione tedesca non ne vuole sentire parlare neanche per sbaglio. A maggior ragione che la Germania è entrata in campagna elettorale per il voto anticipato. Senza emissioni di titoli del debito comune, come pagheremo mai la ricostruzione dell’Ucraina?
Lo scenario per noi più rischioso sarebbe il dopo. Finita la guerra, gli sfollati tornano a casa. Il problema è che molti non la troveranno, perlomeno non integra. Avremo un territorio di 40 milioni di abitanti senza risorse economiche a sufficienza per andare avanti e possibilmente che si lacererà al suo interno sulle responsabilità del conflitto e sulla gestione postbellica. Sul piano geopolitico un momento assai delicato. Anche se i confronti con il passato sono sempre un azzardo, pensiamo a cosa accadde alla Germania (Repubblica di Weimar) dopo la Prima Guerra Mondiale.
Ricostruzione Ucraina test per UE
All’Unione Europea non serve di certo una fonte di ulteriore instabilità alle sue frontiere.