L’intervento di ieri all’Università Bocconi di Milano è stato ricco di spunti. Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, si è soffermato a lungo sulla politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE). E non è stata una sorpresa quando ha reclamato il taglio dei tassi di interesse, una posizione assai nota la sua, considerato tra le più “colombe” del board a Francoforte. Egli ha spiegato che l’inflazione nell’Eurozona starebbe tendendo al target del 2% e che adesso servirebbe una politica neutrale o persino espansiva, vale a dire di sostegno alla crescita economica.
Panetta invoca ritorno a guidance
Ma non si è limitato a questo. Panetta ha altresì notato che la vittoria di Donald Trump alle recenti elezioni americane costituisca un ulteriore fattore di incertezza per le banche centrali. Il riferimento è al cambio di politica economica atteso negli Stati Uniti, principale mercato di sbocco per le merci europee e, quindi, un driver per la crescita del nostro continente. Anche per questo, ha aggiunto, la stessa BCE dovrebbe rimuovere quelle incertezze che rischiano di pesare su consumi e investimenti. A suo avviso, dovrebbe tornare alla “forward guidance“, ponendo fine alla navigazione a vista di questi anni con il ritorno dell’inflazione.
Qui, il discorso è un po’ più tecnico. Negli anni di Mario Draghi, l’istituto introdusse una sorta di guida per il mercato, per l’appunto nota come “forward guidance”. In cosa consistette? Essa garantiva la certezza che la BCE non avrebbe mutato all’improvviso policy su tassi e programmi monetari relativi agli acquisti di bond e ai prestiti alle banche commerciali. Ad esempio, Francoforte s’impegnò ad alzare eventualmente i tassi solamente dopo un congruo periodo dalla cessazione degli acquisti di bond.
Cambio di policy con inflazione
Questa impostazione fu mantenuta fino agli inizi del 2022, quando per effetto dell’alta inflazione venne improvvisamente abbandonata per un approccio “data dependent”.
Differenza tra i due approcci
Quale sarebbe la differenza concreta oggi tra un approccio legato alla “guidance” e un altro “data dependent”? Nel primo caso, la BCE s’impegnerebbe a tagliare i tassi secondo un percorso chiaro. Nel secondo, che è quello attualmente in adozione, non esiste alcuna certezza. In teoria, se l’inflazione rialzasse la testa, l’istituto tornerebbe ad alzare i tassi. La diversità di vedute tra Panetta e i “falchi” nel board non è un tecnicismo, bensì politica. La Bundesbank chiede che la BCE non si leghi le mani, valutando ad ogni incontro la situazione. Le “colombe” preferirebbero fornire al mercato maggiori certezze, così da stimolare l’economia con segnali chiari a chi consuma e investe.
I sostenitori dell’approccio “data dependent” assegnano maggiore importanza alla necessità di mostrarsi intenti a perseguire la stabilità dei prezzi. Panetta non è (più) tra questi, ritenendo necessario un chiaro impegno in favore dell’economia. Non crede che l’inflazione sia più il principale problema che l’Eurozona si ritrova ad affrontare. Il punto è che Trump di nuovo alla Casa Bianca si presta ad opposte visioni. I “falchi” possono considerarla ragione valida per mantenere la policy attuale, essendo ignote le conseguenze sull’inflazione. Le “colombe” ribattono che proprio per effetto delle maggiori incertezze, la BCE dovrebbe ridurre quelle su cui può agire.
Panetta dovrà attendere la primavera?
Molto probabile, però, che il ritorno alla “guidance”, sempre che avvenga, sarà dopo i primi mesi dall’insediamento dell’amministrazione Trump.