Torna il pressing di Forza Italia per inserire nella legge di Bilancio il taglio dal 35% al 33% dell’aliquota Irpef gravante sul secondo scaglione di reddito, quello che va dai 28.000 ai 50.000 euro lordi all’anno. L’idea che si sta facendo strada è di attendere i dati sulla riapertura del concordato preventivo biennale fino al 12 dicembre. La prima scadenza ha esitato introiti per 1,3 miliardi di euro, inferiori alle attese della vigilia. Con quella cifra, il taglio dell’Irpef verrebbe coperto solo per l’1% sul secondo scaglione.
Asse tra Fratelli d’Italia e Forza Italia sulle tasse
Fratelli d’Italia, che sinora è stato sul tema il partito più prudente nella maggioranza di governo, si sta mostrando sempre più favorevole. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, si è detto pronto a sostenere il ceto medio. Non si esclude che, pur non rientrando direttamente nella legge di Bilancio, il taglio dell’Irpef venga previsto agli inizi del 2025 con un decreto ad hoc. L’idea originaria sarebbe non solo di ridurre di due punti percentuali l’imposta sui redditi fino a 50.000 euro, ma altresì di alzare la soglia a 60.000 euro. La misura così estesa costerebbe sui 4 miliardi e al momento sembra una cifra non alla portata.
La Lega non è contenta. Preferirebbe che le risorse venissero destinate ad aumentare la soglia di reddito sulla quale applicare la flat tax del 15% per le partite iva. Il vicepremier Matteo Salvini vorrebbe innalzarla dagli attuali 85.000 ai 100.000 euro. Ha già fatto presente ai suoi colleghi del governo che l’aumento delle entrate fiscali tra i lavoratori autonomi sarebbe legato proprio all’imposta “piatta”. L’Irpef al 33% sul secondo scaglione resta, però, un obiettivo intermedio rivendicato con sempre maggiore vigore dai forzisti.
Lega più debole dopo sconfitta in Umbria
Sul piano politico è successo qualcosa negli ultimi giorni.
L’Umbria ha indebolito ulteriormente la Lega, scavalcata nei consensi da Forza Italia. Ciò ridà forza negoziale a Tajani, che cerca di ottenere dall’esecutivo misure bandiera come l’aumento delle pensioni minime e il taglio delle tasse, partendo dall’Irpef al 33%. Il Carroccio non porta a casa granché con questa manovra finanziaria. Non c’è un’ennesima misura a favore dei pensionamenti anticipati. Manca anche l’estensione della flat tax per le partite iva. Salvini sperava di rafforzarsi con la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti. Ha alzato la voce, ma i primi risultati non vanno nella direzione da lui sperata.
Irpef al 33% per favorire il ceto medio
Il taglio dell’Irpef al 33% darebbe finalmente qualcosa al ceto medio. Il risparmio d’imposta arriverebbe a 440 euro all’anno per chi ha un reddito di 50.000 euro. Se venisse esteso fino ai 60.000 euro, coloro che dichiarerebbero questa cifra risparmierebbero ben 1.440 euro. Questo, perché sopra i 50.000 euro l’aliquota è attualmente del 43%. Sugli ultimi 10.000 euro, quindi, il risparmio ammonterebbe a 1.000 euro (dal 43% al 33%). Non si tratta di favorire un partito a discapito dell’altro. Il ceto medio ha bisogno di pagare minori imposte per rilanciare i consumi e dare ulteriore impulso all’occupazione, nonché per ridurre gli incentivi in favore dell’evasione fiscale.