Oggi, per le pensioni dei quotisti, siamo arrivati alla quota 103. La quota non è altro che la somma algebrica di contributi ed età che, una volta completato ciò che le normative prevedono, consente al lavoratore di andare in pensione. Nel 2025 la misura è stata confermata. Pertanto, potranno essere sfruttate le pensioni a 62 anni nel 2025. Ma, come vedremo, alle penalizzazioni di assegno rimaste per la misura si aggiungono calcoli sempre meno vantaggiosi per le pensioni dopo il decreto del Ministero del Lavoro che ha cambiato, come era previsto da tempo, i coefficienti di trasformazione.
Come si è arrivati nel tempo alle pensioni a 62 anni nel 2025
Eravamo partiti nel 2019 con la quota 100. Erano i tempi del governo gialloverde, cioè il primo governo del Premier Giuseppe Conte. C’erano il Movimento 5 Stelle e la Lega in maggioranza, e Luigi Di Maio e Matteo Salvini come Vicepremier. Sembra passata un’eternità, anche perché quella quota 100 è stata la principale misura di pensionamento per tre anni, cioè da quando fu varata con il decreto numero 4 del 2019 a quando fu sostituita dalla quota 102 con la legge di Bilancio del 2021.
Con la quota 100 si andava in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Niente tagli di assegno, nessuna particolare regola di calcolo delle pensioni. Semplicemente, una volta raggiunti i 38 anni di contributi e i 62 anni di età, si poteva andare in pensione.
Niente tagli e limiti nemmeno per la quota 102, solo che l’età salì da 62 a 64 anni, con 38 anni di contributi confermati come soglia minima. La quota 102 è durata giusto un anno, per poi essere cancellata e sostituita, con la manovra di Bilancio 2022, dalla quota 103. Che inizialmente era senza tagli anch’essa, perché c’era solo l’importo massimo che non poteva superare 5 volte il trattamento minimo.
Solo nella versione 2024, quella corretta con la manovra finanziaria del 2023, sono stati introdotti quei tagli che graveranno anche sulle pensioni a 62 anni nel 2025.
Pensioni a 62 anni nel 2025 ancora meno favorevoli
Le pensioni a 62 anni nel 2025 saranno ancora possibili con la quota 103. La misura, come nel 2024, anche nel 2025 sarà contributiva come regole di calcolo. E chi ha versato già 18 anni di contributi entro la fine del 1995 perde parecchio di pensione, visto che avrebbe diritto a un calcolo misto della prestazione con il più favorevole calcolo retributivo esteso a tutti i periodi fino al 31 dicembre 2011. Oltretutto, si è introdotto nel 2024 un limite ancora più restrittivo di importo massimo fruibile. Infatti, da 5 volte il trattamento minimo si è passati a 4 volte il trattamento minimo.
Le pensioni a 62 anni nel 2025 saranno identiche a quelle di oggi, cioè con calcolo contributivo, con importo massimo non superiore a 4 volte il trattamento minimo. E, come al solito, con il divieto di cumulare i redditi da lavoro con i redditi da pensione, se si eccettua il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito annuo.
Il flop della misura continua, lo ha confermato anche l’INPS
Saranno queste regole rigide e penalizzanti ad aver portato i numeri della quota 103 nel 2024 a essere un autentico flop. La quota 103, introdotta per il 2023 e prorogata prima nel 2024 e poi anche nel 2025, non ha avuto successo. Lo ha detto l’INPS direttamente, con il Presidente dell’Istituto in audizione davanti alla Commissione Bilancio di Camera e Senato.
Gabriele Fava, numero uno dell’INPS, ha certificato che la scarsa convenienza del calcolo contributivo e il limite all’importo della pensione (questo limite almeno grava solo fino a che non si raggiunge l’età di accesso alla pensione di vecchiaia) sono evidentemente fattori determinanti per il già citato flop della misura.
Pensioni a 62 anni nel 2025, arriva il salasso, ecco perché conviene sempre meno
Eppure, nella legge di Bilancio che sta ultimando il suo iter, è praticamente certa la nuova proroga anche per il 2025. Ma i tagli che la misura prevede nel 2025 saranno ancora maggiori. A dire il vero, questa volta sono tagli che non dipendono dal governo o dalla misura che permette di accedere alle pensioni a 62 anni anche nel 2025.
Stavolta tutto parte dal decreto del Ministero del Lavoro, il numero 436/2024, che, come regola vuole, ogni biennio aggiorna i coefficienti di trasformazione. Significa che i coefficienti che si usano come moltiplicatori per far diventare pensione il proprio montante contributivo ogni due anni si cambiano. E sempre in peggio. Perché sono collegati alle aspettative di vita della popolazione.
Più sale la vita media degli italiani, peggio funzionano i coefficienti. Solo dopo la pandemia ci fu un aggiornamento con coefficienti più favorevoli ai lavoratori, perché scese l’aspettativa di vita per i troppi decessi in pandemia. Adesso che si è ritornati alla normalità, ecco che si torna a penalizzare i pensionati. A parità di contributi versati e di montante, chi è uscito a 62 anni di età nel 2023 o nel 2024 è riuscito a prendere una pensione più alta rispetto a chi, sempre a 62 anni, uscirà nel 2025.
Infatti, il coefficiente per le pensioni a 62 anni nel biennio 2023-2024 era del 4,882%. Invece, il coefficiente che il decreto ha confermato per le pensioni a 62 anni nel 2025 e nel 2026 passa a 4,795%. Con 400.000 euro di montante, un lavoratore a 62 anni nel 2025 prenderà 19.180 euro di pensione annua. Invece, nel biennio precedente prendeva 19.528 euro.