Forse saprete già che Donald Trump è un convinto sostenitore delle “criptovalute”, tant’è che il prezzo di questi asset è letteralmente esploso con la sua vittoria del 5 novembre scorso. Non era stato sempre così. Quando corse per la Casa Bianca nel 2016, definì i token digitali praticamente come fossero una stupidaggine. Questa estate, invece, è arrivato a proporre la costituzione di una riserva federale in Bitcoin. I politici cambiano idea spesso su un argomento, ma c’è da dire che sulle crypto i cambi di opinioni sono stati frequenti e repentini.
Riserva Bitcoin per abbattere debito fuori controllo
La realtà prevale sempre sull’ideologia e per giunta questi asset erano sconosciuti ai più nello stesso mondo della finanza fino a pochissimi anni fa. Forse è rimasto solo Warren Buffett tra i finanzieri più famosi e al contempo più cocciutamente ostili. L’idea di Trump sarebbe di sfruttare le criptovalute per cercare di abbattere l’immenso debito americano. Questi è salito sopra 36.000 miliardi di dollari e al 30 settembre scorso, quando si è chiuso formalmente l’esercizio fiscale del 2024, ammontava al 123% del Pil USA.
Il Congressional Budget Office stimava di recente che al 2053 il debito americano sarebbe schizzato fin sopra il 190% del Pil. Numeri spaventosi, che ci danno la dimensione del rischio che corre l’intera economia mondiale. In che modo una riserva in Bitcoin può dare una mano ai conti pubblici di Washington? A luglio il Partito Repubblicano ha scritto nero su bianco una proposta contenuta nel programma elettorale, in base alla quale lo stato federale acquisterebbe 1 milione di Bitcoin in 5 anni.
Rischi per lo status del dollaro
A molti osservatori sembra incomprensibile come la destra americana possa puntare sulle crypto, rischiando di delegittimare il dollaro.
Ma dietro alla scelta dei repubblicani si celerebbe una ragione più pratica. Il debito americano corre e bisogna abbatterlo in qualche modo per pesare di meno sui conti pubblici, anche perché la spesa per interessi galoppa e i tassi a zero degli anni passati potrebbero non tornare presto o forse mai. La riserva in Bitcoin servirebbe per accumulare un asset con elevate possibilità di apprezzamento nel medio-lungo termine.
Cosa prevede il piano Trump
Immaginate che il governo acquistasse 1 milione di Bitcoin a un prezzo medio in linea con le quotazioni attuali. Spenderebbe quasi 100 miliardi di dollari complessivamente. Sono tantissimi soldi, ma equivalgono ad appena lo 0,35% del Pil USA. Una somma alla portata di zio Sam. E ora immaginate che le quotazioni nel giro di alcuni anni decuplichino, come hanno fatto dall’estate del 2020 ad oggi. Un Bitcoin salirebbe a 1 milione di dollari. L’intera riserva in Bitcoin varrebbe 1.000 miliardi. A quel punto, il governo americano potrebbe o vendere gradualmente questi token e con il ricavato abbattere il debito o offrirli ai creditori su base assolutamente volontaria per non dover rifinanziare le scadenze.
Ma per quanto 1.000 miliardi sembrino tantissimi, ad oggi corrispondono a circa il 3,35% del Pil. Questa operazione avrebbe un evidente vantaggio solo nel caso in cui fosse implementata con ben altri numeri. Anziché 1 milione di Bitcoin, il governo potrebbe impegnarsi a comprarne 10 milioni.
Riserva Bitcoin soluzione complicata
In conclusione, si fa presto a dire che una riserva in Bitcoin possa abbattere il debito americano o gran parte di esso. Ma da un punto di vista operativo si tratterebbe di un piano complicato da implementare e non senza rischi proprio per il “privilegio” tutto americano di emettere la valuta di riserva globale. E’ positivo che a Washington perlomeno qualcuno inizi a comprendere che il lassismo fiscale degli ultimi 15 anni non sia più sostenibile. Ma è molto probabile che non basterà puntare sulle criptovalute per risolvere il problema. Chiedere a Elon Musk, che già s’immagina a tagliare 2.000 miliardi di spesa federale. Auguri!