Riforma pensioni: idee di destra e di sinistra e misure introdotte dalla destra e dalla sinistra negli ultimi anni

Riforma pensioni: idee di destra e di sinistra e misure introdotte dalla destra e dalla sinistra negli ultimi anni, cosa cambia?
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Riforma pensioni: idee di destra e di sinistra e misure introdotte dalla destra e dalla sinistra negli ultimi anni
Bassi stipendi faranno andare in pensione più tardi © Licenza Creative Commons

La legge di Bilancio sta lentamente terminando il suo classico iter di approvazione. In Parlamento piano piano sta prendendo forma la manovra finanziaria e si valutano le proposte di correzione con tutti gli emendamenti. Se c’è qualcosa che la popolazione italiana cercava dalla manovra sicuramente ai primi posti c’è il capitolo pensioni. Ma anche le tasse, le cartelle esattoriali e il sostegno alle famiglie sono argomenti cruciali.
Si può essere a favore del governo o contrari. Si può essere di destra i di sinistra, ma guardando tutto ciò che succede con occhi imparziali, se a chi governo si può rinfacciare quella enorme mole di promesse elettorali non ancora rispettate tra cui anche la riforma delle pensioni, alle opposizioni si può rinfacciare che sugli stessi argomenti nulla viene proposto o quasi.

Analizzando i vari emendamenti che ci sono in campo sulla legge di Bilancio, si può fare il punto della situazione su ciò che i due schieramenti ritengono priorità. Partendo dal concetto che in un modo o nell’altro per i cittadini nulla di buono o quasi si vede all’orizzonte. E se si guarda al passato, anche le varie misure introdotte sulle pensioni per esempio, fanno capire bene i due punti di pensiero.

Riforma pensioni: idee di destra e di sinistra e misure introdotte dalla destra e dalla sinistra negli ultimi anni

La legge di Bilancio non propone nulla di eclatante su pensioni e tasse. Il Centro Destra attualmente al governo, come si evince da alcuni emendamenti presentati alla manovra, guarda alle pensioni minime da aumentare in maniera più considerevole. Per esempio Forza Italia, la cui promessa era di portare le minime a 1.000 euro, adesso chiede quanto meno di superare i 3 euro di aumenti previsti dalla manovra sulle pensioni minime portandole a 7 euro.

Sempre dal Centro Destra ci sono proposte che mirano al taglio dell’IRPEF sul secondo scaglione dopo la conferma delle 3 aliquote che già nel 2024 hanno ridotto le tasse per qualche contribuente.

E poi ancora si propongono nuove sanatorie delle cartelle esattoriali, nuova e più estesa flat tax, e dietro le quinte ancora la riforma delle pensioni con quota 41 per tutti anche se penalizzata, ma da portare a compimento entro la fine della legislatura. Da sinistra invece sempre il salario minimo da 9 euro ad ora, sempre più fondi alla sanità, regolarizzazione dei migranti, nuovo reddito di cittadinanza e cannabis a monopolio statale (ultimi due argomenti cari al M5S), tasse sugli extra profitti e così via dicendo.

Da dove partono gli schieramenti in materia previdenziale per la riforma delle pensioni?

Punti di vista diversi, anche perché una cosa è governare ed un’altra è fare opposizione. Ma sulle pensioni per esempio, le parti sono piuttosto distanti, anche se alla fine a pagare sono sempre i cittadini. Ed alla fine ciò che conta è che la legge Fornero è l’unica che resta in pianta stabile e non viene assolutamente scalfita. Se a destra qualche volta si parla di riforma delle pensioni, di quota 41 per tutti e di altre misure molto favorevoli ai lavoratori ma che onestamente tutto possono essere tranne che fatte subito, a sinistra tutto è fermo a quelle altre promesse elettorali che per esempio possono essere carpite dalla proposta elettorale del PD che ancora oggi gira sul Web.

I capisaldi di questa proposta sono la maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dai 63 anni di età, da realizzarsi nell’ambito dell’attuale regime contributivo e in coerenza con l’equilibrio di medio e lungo termine del sistema previdenziale. tradotto in termini pratici, pensioni agevolate a 63 anni, ma con tagli di assegno ed in linea con i problemi di bilancio dello Stato.

Poi, accesso alle pensioni a condizioni più favorevoli per chi ha svolto lavoro gravosi o usuranti, anche rendendo strutturali APE sociale e Opzione donna. Misure tra l’altro che il governo di Centro Destra ha confermato nel 2025. Per la Sinistra inoltre, part-time volontario dopo i 60 anni di età, più previdenza complementare e pensioni di garanzia ai giovani.

Ecco quali misure sono state introdotte negli ultimi anni

Il recente passato delle pensioni dimostra anche come si interviene sulla previdenza se l’iniziativa parte da destra o da sinistra. Ed a prescindere da soluzioni che si chiamano riforma delle pensioni o meno. Gli ultimi interventi degni di nota sul capitolo pensioni con dei governi di Centro Sinistra sono stati sicuramente quelli introdotti quando era presidente del consiglio Matteo Renzi con nuove misure quali l’Ape sociale, la quota 41 per i precoci e l’opzione donna. Si tratta evidentemente di misure che ancora oggi sono in vigore ma che effettivamente avevano come minimo comune denominatore l’uscita anticipata di soggetti per così dire fragili.

Ovvero le donne che comunemente sono sempre le più penalizzate quando si tratta di pensioni visto che devono sacrificare spesso carriera e lavoro per la cura delle famiglie, dei figli e della casa. Oppure coloro che svolgono un lavoro gravoso. Infatti sia quota 41 per i precoci che l’Ape sociale sono nate in quegli anni con le stesse platee di soggetti beneficiari. Con una misura che concedeva l’uscita anticipata senza limiti di età ma con 41 anni di contributi versati. Mentre con l’altra con la quale si concedeva l’uscita a partire dai 63 anni di età. Queste misure sono ancora oggi in vigore e possono essere ancora sfruttate dai lavoratori. Le variabili per uscire prima dal lavoro ce ne sono molte, anche senza una riforma delle pensioni che ormai da anni nessuno riesce ad approntare.

Le ultime misure per quotisti

Quando nacque il primo governo Conte dopo le elezioni vinte dal Movimento 5 Stelle che poi trovò accordo con la Lega di Matteo Salvini nacque la quota 100.

Una misura sponsorizzata dalla Lega che la pose come contraltare al reddito di cittadinanza preteso dal M5S. Uno scambio di favori per il varo di quel famoso “decretone” che dette i natali a quota 100 e al reddito di cittadinanza.

La quota 100 fu una misura che consentiva di andare in pensione con 62 anni di età e con 38 anni di contributi senza vincoli di platea e senza altri limiti come invece prevedevano l’Ape sociale o la quota 41 per i precoci. Poi si è passati alla quota 102 con l’età che salì a 64 anni di età con 38 anni di contributi e infine quota 103 con età tornata indietro a 62 anni, ma con contributi da raggiungere saliti a 41 anni.

Misure che vanno e misure che vengono quindi, senza una vera e propria riforma delle pensioni. In attesa che se ne ritorni a parlare nei prossimi anni naturalmente.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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