Rivalutazione, indicizzazione, perequazione: chiamatela come volete, ma si tratta semplicemente dell’aumento delle pensioni di gennaio 2025. Ogni inizio anno, le pensioni degli italiani si indicizzano al tasso di inflazione. L’aumento del costo della vita fa perdere potere d’acquisto alle pensioni e, per questo, i trattamenti si rivalutano.
E anche a gennaio prossimo accadrà la stessa cosa, sebbene in misura meno imponente rispetto agli ultimi due anni, quando il post pandemia lasciò strascichi rilevanti a livello di crisi economica e di inflazione.
Nel frattempo, sempre in materia di adeguamento delle pensioni all’inflazione, il 2025 potrebbe riservare due sorprese. Una praticamente certa già a gennaio, con altri soldi in più per i pensionati, ed un’altra su cui si attende l’esito di una sentenza della Consulta, che potrebbe generare altri soldi da incassare.
Cosa succede alle pensioni 2025: aumenti e arretrati in arrivo, ecco importi, regole e beneficiari
Partiamo dalla perequazione per capire come funziona il meccanismo e, soprattutto, cosa accadrà ai trattamenti a gennaio, visto che c’è una grande novità introdotta adesso. Fissato il tasso di inflazione dall’ISTAT, il governo lo certifica tramite decreto. Poi l’INPS recepisce i diktat del governo ed emana la circolare con cui annuncia i nuovi incrementi delle pensioni.
In genere, è la prima circolare INPS di ogni anno (o una delle prime) a certificare quali aumenti riceveranno i pensionati sui ratei del nuovo anno.
Nel 2023 si iniziò l’anno con una perequazione del 7,3%. Il 2024, invece, ha avuto i natali con una rivalutazione del 5,4%. Per il 2025, in attesa della conferma ufficiale dall’Istituto Nazionale di Statistica, si parla di una percentuale prossima all’1%. Poca cosa rispetto agli anni precedenti. Il metodo che sarà usato dal governo e indicato all’INPS per gli adeguamenti è il seguente:
- 100% di perequazione sulle pensioni fino a 3 volte il trattamento minimo (circa 1.800 euro al mese);
- 90% sulla parte di pensione eccedente 3 volte e fino a 5 volte il trattamento minimo (fino a 3.000 euro al mese);
- 75% sulla parte di pensione sopra 5 volte il trattamento minimo.
Cosa significano queste percentuali? Che l’aumento dell’1%, ammesso che sarà così il tasso di inflazione ISTAT, sarà applicato solo sulle pensioni o sulla parte di pensione fino a 3 volte il trattamento minimo.
La rivalutazione del 2024 diversa da quella sulle pensioni 2025
Invece, nel 2024 le pensioni furono adeguate con un meccanismo differente. Quel 5,4% di incremento indicato dall’INPS a inizio anno fu concesso al 100% solo alla prima fascia ma, soprattutto, anziché progressivi e applicati sulla parte di pensione eccedente la fascia precedente, i tagli furono applicati sull’intero importo della pensione. Il metodo usato era:
- 100% sulle pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
- 85% sulle pensioni fino a 5 volte il trattamento minimo;
- 53% sulle pensioni fino a 6 volte il trattamento minimo;
- 47% sulle pensioni fino a 8 volte il trattamento minimo;
- 37% sulle pensioni fino a 10 volte il trattamento minimo;
- 22% sulle pensioni sopra 10 volte il trattamento minimo.
Ed è proprio questo meccanismo che adesso è oggetto di una causa sulla sua presunta incostituzionalità. Un ex dipendente pubblico, anche a nome di altri lavoratori, ha promosso azione contro questi tagli. Un ricorso su cui adesso deve esprimersi la Corte Costituzionale, che deve stabilire se era giusto tagliare la rivalutazione delle pensioni in maniera così netta come è stato fatto lo scorso anno, soprattutto sulle pensioni più elevate.
E se i giudici della Consulta daranno ragione ai ricorrenti, ecco che, se non a gennaio per via dei tempi ristretti, nei mesi successivi del 2025 si potrebbero avere delle buone notizie. Perché potrebbe arrivare anche l’obbligo di risarcire i pensionati di questi tagli, cioè con la restituzione dei soldi persi per via di queste penalizzazioni.
Conguagli e arretrati in arrivo con i ratei di gennaio
A gennaio, comunque, dovrebbero arrivare ai pensionati anche i conguagli della perequazione usata nel 2024. Con lo stesso metodo a scaglioni e con tagli che è finito alla Corte Costituzionale, i pensionati italiani hanno un credito dello 0,3% al mese maturato a far data dal rateo di gennaio 2024.
Come accade sempre, e come accadrà anche con la rivalutazione 2025, il tasso di inflazione usato non è quello definitivo. I calcoli dell’ISTAT non possono ancora essere completi e quindi si adotta il cosiddetto tasso di previsione. Gli aumenti delle pensioni nel 2024 al 5,4% di tasso previsionale saranno adeguati al tasso effettivo del 5,7%. Così accadde anche nel 2023, quando dal tasso iniziale del 7,3% si arrivò al tasso dell’8,1%. In quel caso, già a dicembre 2023 il governo decise di liquidare i conguagli.
Per il rateo di dicembre 2024, che è in pagamento dal giorno 2 del prossimo mese, invece, nulla di tutto questo. E questo significa che, per forza di cose, a gennaio con la prima pensione 2025, questi pensionati potranno andare sicuramente ad incassare un rateo abbastanza cospicuo, con il conguaglio del 2024 a riempirlo.