Non è la Rai, il voto in Commissione segnale devastante per Salvini

La proposta della Lega di prorogare lo sconto sul canone Rai è stata bocciata. Per Matteo Salvini è l'inizio del declino irreversibile?
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Canone Rai, segnale devastante per Salvini
Canone Rai, segnale devastante per Salvini © Licenza Creative Commons

Perché parlare di canone Rai, quando dietro al voto di ieri in Commissione Bilancio c’è altro? Forza Italia ha votato insieme alle opposizioni per affossare la proposta della Lega per prorogare lo sconto di 20 euro sul balzello televisivo. A meno di correzioni, questi risalirà a 90 euro, lo stesso importo del 2022. La lettura principale che si fa di questo fatto è che il partito in mano ai figli del Cavaliere Silvio Berlusconi non abbiano gradito una misura, che avrebbe spinto la tv di stato a chiedere ed ottenere un tetto pubblicitario più alto, così da trovare sul mercato le risorse mancanti.

E più pubblicità nelle reti pubbliche significa minori incassi per Mediaset.

Non solo canone Rai

Tutto questo è senz’altro vero. Inutile nasconderci dietro un dito. Forza Italia fa gli interessi della famiglia Berlusconi, a cui deve 90 milioni di euro. E alla luce del sole, com’è avvenuto nei mesi scorsi sulle banche, al di là del merito della questione. Nulla di scandaloso, proprio perché palese. Ma sul canone Rai lo scontro è solo un pretesto. Sempre ieri la Commissione di Ursula von der Leyen ha ricevuto il via libera con 370 sì, 282 no e 36 astenuti. A luglio, aveva ottenuto 401 sì. L’apertura nel frattempo avvenuta a destra con la nomina di Raffaele Fitto vicepresidente esecutivo ha portato a un mezzo terremoto politico a Bruxelles, i cui riflessi sono anche nazionali.

Lega sempre più logora

I socialisti francesi hanno votato contro, i socialdemocratici tedeschi si sono astenuti, i Verdi si sono divisi e in estate avevano votato compatti per il sì. Viceversa, Fratelli d’Italia ha votato a favore, così come Forza Italia e quasi tutto il PD. E la Lega di Matteo Salvini ha votato contro come il Movimento 5 Stelle e Alleanza Sinistra Verdi. Il leghista ha valutato positivamente la nomina di Fitto, ma ciò non gli è bastato per votare a favore della nuova squadra di governo dell’Unione Europea.

La sua posizione si spiega così: cerca disperatamente di affermarsi come soggetto politico della destra dura e pura, così da sottrarre voti alla premier Giorgia Meloni o almeno evitare di perderne ulteriormente. Questa strategia non ha funzionato affatto finora. Lo dicono i sondaggi, lo confermano i consensi calanti ad ogni tornata elettorale di ogni livello. Forza Italia lamenta di essere scarsamente considerata nella maggioranza, nonostante sarebbe ormai seconda forza dopo Fratelli d’Italia.

Salvini resta fuori da maggioranza Ursula

Il nodo è uno: ancora una volta Salvini ha sbagliato mossa. Nel 2019, quando ottenne la bellezza del 34% alle elezioni europee, gettò nel bidone dell’immondizia l’enorme consenso ottenuto per continuare a recitare a Roma il copione del barbaro anti-sistema. Risultato: fu sostanzialmente sbattuto fuori dal governo, non ottenne la nomina del commissario che gli sarebbe potuta spettare di diritto ed entrò nella fase calante dei consensi, perdendo tre anni dopo la possibilità di diventare premier.

Cinque anni dopo, tutto sembra essere cambiato, ma non il vizio salviniano di confondere la politica con il teatrino. Insieme agli alleati di governo la Lega avrebbe potuto far parte della maggioranza Ursula. La sinistra avrebbe frignato ancora di più e già questa sarebbe stata una soddisfazione per chi a Roma porta avanti l’identità celodurista. Perché non lo ha fatto? Per non essere accusato di inciuci in Europa. Pura ipocrisia, visto che lo stesso Salvini ha governato con Movimento 5 Stelle prima e Partito Democratico dopo, arrivando a far rieleggere Sergio Mattarella presidente della Repubblica. Inoltre, a Bruxelles le maggioranze non sono intese come nei parlamenti nazionali.

Meloni e Tajani responsabili e apprezzati in Europa

Il voto sul canone Rai è stato il classico “due piccioni con una fava”. Ha permesso a Forza Italia di bocciare un’iniziativa potenzialmente nociva agli interessi di Mediaset e allo stesso tempo ha fatto presente all’alleato leghista di poterne neutralizzare l’ostracismo nella maggioranza.

Essendo rimasto fuori dalla maggioranza Ursula, dovrà accettarne le conseguenze. In fondo, se martedì è arrivata la promozione dei conti pubblici italiani da parte della Commissione uscente, lo si deve agli sforzi diplomatici della premier e del ministro degli Esteri. Questo, insieme ad altri successi, consentono alla stessa Lega di governare più agevolmente. Salvini lo dovrebbe sapere più di tutti. Fu suo il governo bombardato dallo spread nel 2018-2019, proprio per le posizioni euroscettiche portate avanti insieme agli alleati pentastellati di allora.

Ritrovarsi Bruxelles contro fa governare male, cioè navigando a vista e in continua tempesta sui mercati finanziari. Se oggi nulla di questo sta accadendo, anzi ci ritroviamo una Commissione accomodante e agenzie di rating che strizzano l’occhio al nostro debito pubblico, è grazie alla politica estera del governo Meloni. Atlantista ed euro-pragmatica, la premier ha saputo attirare la fiducia di cancellerie e mercati. Anche dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane, ha continuato a perseguire una linea comunicativa prudente e sobria, a differenza di un Salvini in modalità cheerleader.

Canone Rai, fine della pacchia per Salvini

I pasti gratis in politica non esistono. Meloni ha rischiato di intaccare il proprio consenso a destra, qualora la sua strategia non fosse stata compresa dall’elettorato. Ma lo ha fatto nel nome dell’interesse nazionale, che viene prima di quello del proprio partito. Salvini ha commesso l’errore di pensare che gli alleati si sarebbero “sporcati” le mani al posto suo e senza nulla pretendere in cambio. Il voto sul canone Rai ha segnalato che la pacchia per la sua Lega è finita. D’ora in avanti conteranno al governo coloro che si prodigano per agevolarne l’operato, mentre saranno puniti quanti con toni sopra le righe e fatti concreti vanno contro tale interesse.

Per la leadership di Salvini, già in grave crisi di consenso all’interno dello stesso Carroccio, potrebbe avvicinarsi per davvero il de profundis.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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