Pensioni: aumenti a dicembre e aumenti a gennaio, cifre, regole e novità

Pensioni di fine 2024 e inizio 2025, aumenti a dicembre e aumenti a gennaio, cifre, regole e novità che fanno felici i pensionati.
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Pensioni: aumenti a dicembre ed aumenti a gennaio, cifre, regole e novità
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Niente pensione il primo dicembre per nessuno. Può sembrare un allarme rosso, ma così non è, perché il problema è che il primo dicembre è domenica. Quindi non è un giorno bancabile. Alle Poste come in banca nulla cambia. La tanto attesa pensione di dicembre arriverà solo dal giorno 2, cioè da lunedì prossimo.

Perché la pensione di dicembre è tanto attesa? Sicuramente perché è il rateo più ricco dell’anno, e per ovvie ragioni. Ma l’attesa è anche per la pensione di gennaio. La prima pensione del 2025 forse è ancora più attesa, ed anche in questo caso perché ci saranno degli aumenti.

Anche a gennaio nulla da fare il giorno uno, nonostante sia mercoledì.

Il primo dell’anno è sempre un giorno festivo, quindi non bancabile. I ratei di pensione di fine anno e di inizio anno sono sempre molto attesi, e adesso vedremo per quali motivi.

A dicembre la tredicesima mensilità per i pensionati, il rateo raddoppia

A dicembre, come sempre, le pensioni saranno più alte, non fosse altro perché arriva la tredicesima mensilità. Ad eccezione dei titolari di Ape Sociale, con il rateo di pensione di dicembre c’è la canonica mensilità aggiuntiva pari al rateo ordinario o quasi. Perché, in effetti, la tredicesima si differenzia in fatto di tassazione rispetto al rateo ordinario di pensione, ma solo per chi ha una pensione che supera il primo scaglione di reddito, ovvero i 28.000 euro.

In quel caso, mentre il rateo di pensione è tassato in maniera progressiva e solo la parte eccedente i 28.000 euro viene tassata al 35% come da secondo scaglione (il primo scaglione ha aliquota al 23%), per la tredicesima l’intero importo è assoggettato all’aliquota più alta.

Una extra tassazione ma anche un’agevolazione sulla tredicesima, dal momento che addizionali regionali e comunali nel rateo di dicembre (parliamo di rateo ordinario) non vengono applicate perché le trattenute sono spalmate su 11 mesi.

C’è chi prenderà la quattordicesima a dicembre, anche se ridotta

Su alcune pensioni, cioè su quelle fino a 2 volte il trattamento minimo, c’è anche un’ulteriore mensilità aggiuntiva chiamata quattordicesima. In genere viene liquidata a luglio ai pensionati con trattamenti al di sotto di determinati importi. Ma chi non l’ha presa a luglio perché non vi rientrava, potrà goderne a dicembre.

La quattordicesima spetta ai pensionati a partire dai 64 anni se hanno un trattamento fino a 2 volte il minimo INPS. Gli importi però sono più alti per chi ha pensioni fino a 1,5 volte il trattamento minimo. Il meccanismo è a tre fasce basate sui contributi versati, sia per i pensionati con trattamenti fino a 1,5 volte il minimo che per chi ha pensioni fino a 2 volte il minimo.

Chi ha compiuto 64 anni di età dopo il mese di luglio prenderà la quattordicesima a dicembre, ma solo in parte, perché la quattordicesima si divide in dodicesimi, maturando mese dopo mese. E a dicembre, chi ha compiuto gli anni dopo la metà dell’anno prenderà tanti dodicesimi di mensilità aggiuntiva quanti sono i mesi del 2024 successivi al 64° compleanno.

Pensioni basse a dicembre, ecco il bonus tredicesima

Un’ulteriore possibilità per alcuni pensionati di incassare un trattamento più alto ancora a dicembre nasce dal cosiddetto bonus tredicesima. Parliamo di una cifra aggiuntiva sulle pensioni indirizzata solo a chi ha trattamenti inferiori al minimo. Nel 2024 il trattamento minimo INPS è pari a 598,61 euro al mese.

Quindi è verso questi pensionati che l’INPS potrebbe erogare, con la pensione di dicembre, oltre alla solita tredicesima, anche il bonus da 154,94 euro collegato alla mensilità aggiuntiva di fine anno. Un importo aggiuntivo fisso ed una tantum, quindi, non assoggettato ad altri eventuali calcoli o requisiti.

La rivalutazione di gennaio, poca roba ma bisogna attendere il decreto

Presto l’ISTAT confermerà il solito aumento del costo della vita.

Parliamo di inflazione, cioè dell’aumento che da un anno all’altro i prezzi dei beni di consumo hanno e che determinerà gli incrementi di pensione che a gennaio arriveranno ai pensionati. Aumenti che, sulla carta, servono per evitare che le pensioni perdano il loro potere d’acquisto.

Le pensioni nel 2025 dovrebbero salire solo dell’1% o con percentuali vicine a questa, e con un meccanismo che determinerà un incremento al 100% solo per le pensioni fino a 3 volte il trattamento minimo. Poi al 90% per la parte di pensione superiore a 3 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte, ed infine al 75% per la parte di pensione ancora maggiore. Su questi aumenti pochi dubbi perché fanno parte della prassi che si ripete ogni anno.

I conguagli della perequazione e poi eventualmente la sentenza della Consulta

Udite udite però, i pensionati sono a credito nei confronti dell’INPS. In un caso sicuramente, tanto è vero che, se non a dicembre come ormai è impossibile che arrivino, cifre aggiuntive a conguaglio sicuramente riempiranno i ratei di gennaio. Infatti, nel 2024 le pensioni sono salite del 5,4% come da tasso di previsione che a fine 2023 certifica l’ISTAT.

Invece poi il tasso di inflazione registrato effettivamente è stato del 5,7%. Un buon 0,3% di differenziale che determinerà per i pensionati a gennaio l’arrivo degli arretrati: lo 0,3% per ogni mese di pensione 2024, cioè da gennaio a dicembre.

All’orizzonte, anche se non potrà certo essere gennaio ma se ne riparlerà nei mesi successivi, ci sarebbe anche l’eventuale rimborso dei tagli di pensione subiti dai titolari di prestazioni più alte di 4 volte il trattamento minimo sugli aumenti del 2024. Perché il 5,4% di aumento a gennaio fu assegnato per intero solo sulle pensioni fino a 4 volte il minimo. Poi si passò all’85% del 5,4% per le pensioni fino a 5 volte il minimo. E a scendere fino al 22% del 5,4% per le pensioni sopra 10 volte il minimo.

Un meccanismo finito davanti alla Consulta per presunta incostituzionalità. Ma ripetiamo, se la Corte Costituzionale condannerà il meccanismo e il governo a risarcire i pensionati, se ne riparlerà solo a 2025 in corso. E sottolineiamo ancora che riguarda solo le pensioni più alte di 4 volte il trattamento minimo INPS.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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