Tra Forza Italia e Lega c’è tensione nel governo. La prima ha affossato l’emendamento presentato dalla seconda per prorogare lo sconto di 20 euro sul canone Rai. La seconda ha replicato affossando l’aumento dei fondi per la sanità calabra chiesto dalla prima. Scaramucce che hanno mandato su tutte le furie la premier Giorgia Meloni, che ha rinnovato agli alleati l’invito ad abbassare i toni e all’unità. Ci sono tante ricostruzioni sulle ragioni di questo scontro, ma in pochi ricordano che non siano affatto nuovi.
Cambiano protagonisti e posizioni dei partiti
Era il 2004. Sono passati 20 anni esatti e le dinamiche sono rimaste fondamentalmente le stesse nel centro-destra. A cambiare sono stati i protagonisti. Non solo i leader sono ormai tutti diversi, ma anche i partiti recitano nella coalizione nuovi copioni. La Forza Italia di Antonio Tajani oggi non ha più molto a che vedere con quella di Silvio Berlusconi. A dire il vero, è così ormai da una decina di anni. Liberale più a parole che nei fatti, in economia si limita a reclamare il taglio delle tasse come sin dal 1994. Ma il suo elettorato non è più nordico come fino alle elezioni del 2008. Esso è concentrato perlopiù al Sud. Ed è qui che i forzisti esprimono ben quattro governatori (Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia). Al Centro-Nord resta a presidiare solamente il governatore piemontese Alberto Cirio.
La Lega con Matteo Salvini si era espansa elettoralmente al Sud, ma il successo è durato poco. Sono emerse le contraddizioni tra una classe dirigente settentrionale e istanze sempre meno legate agli interessi del Nord e sempre più stataliste.
In gioco tasse e pensioni
Fratelli d’Italia è quello che fu Forza Italia durante l’epopea berlusconiana. Da partito inizialmente concentrato nelle aree del Centro e del Sud, è adesso principalmente radicato nel Nord. Ciò spinge i dirigenti meloniani a prendere a cuore le cause dell’elettorato settentrionale, tra cui la riduzione delle tasse e la lotta alla burocrazia, ma senza perdere di vista il suo radicamento al Sud. Accontentare le istanze degli alleati, però, non è facile. Se Salvini vuole mettere spendere 430 milioni per abbassare il canone Rai, Tajani vuole usare quella somma per tagliare le tasse.
Proprio sulle tasse va in scena un altro scontro tra i due. Forza Italia reclama il taglio dell’Irpef sul secondo scaglione dal 35% al 33%. Servono almeno 2,5 miliardi, soldi che probabilmente arriveranno dal concordato preventivo biennale. Non a caso Tajani ha ottenuto la proroga dei termini al 12 dicembre per le adesioni delle partite iva. La Lega vuole aumentare l’area della “flat tax” al 15% per queste ultime da 85.000 fino a 100.000 euro. E c’è il capitolo pensioni a dividere: Tajani vuole l’aumento delle pensioni minime, che favorirebbe proprio molti ex artigiani ed ex commercianti del Sud. Salvini ha già dovuto rinunciare a Quota 41 per tutti, causa carenza di fondi.
Forza Italia chiede toni bassi a Salvini
Come se ne esce? Forza Italia vuole un riconoscimento ufficiale, magari attraverso un mini-rimpasto del governo, come secondo partito della coalizione.