Il fatto che, a causa dei troppi decessi durante la pandemia, la vita media della popolazione sia diminuita non può certo essere considerato un dato positivo. Ma se guardiamo questa situazione dal punto di vista previdenziale, il paradosso è che si tratta di una cosa positiva. Perché paradossale è il nostro sistema previdenziale. Esso, infatti, prevede aumenti costanti dei requisiti delle pensioni se la popolazione vive più a lungo.
L’aumento dei requisiti pensionistici, quindi, è una questione con cui bisogna sempre fare i conti.
E più a lungo vive una persona, per più tempo l’INPS paga la pensione a questo soggetto. Se lui vive più a lungo, l’INPS paga di più. Un altro paradosso di questo meccanismo è che, per assurdo, la prematura morte di un lavoratore allo Stato non può che fare piacere, o quasi.
Con la legge di Bilancio 2019 si è imposto un freno all’aumento dei requisiti pensionistici almeno fino al 2026. Ma dall’anno successivo sono guai seri, perché, come previsto, gli inasprimenti ripartiranno.
Aumento requisiti pensionistici: 67,3 anni per la pensione di vecchiaia e poi oltre i 70 anni, ecco i calcoli
I requisiti pensionistici si adeguano periodicamente alla speranza di vita. Questo fu deciso dalla legge Fornero a cadenza triennale, poi passata dal 2019 a cadenza biennale.
Ogni due anni, in base alla stima di vita della popolazione, i requisiti delle pensioni salgono. Perfino quando fu aggiornato il simulatore dell’INPS, che permette di calcolare la pensione anche fra diversi anni, il fatto dell’inasprimento dei requisiti riempì le prime pagine dei media.
Con la notizia, che poi notizia non è, che per i trentenni di oggi la pensione si prenderà oltre i 70 anni.
Si deve dire che anche ciò che si evince provando a utilizzare questi simulatori lascia al momento il tempo che trova. Perché, come dimostra la già citata fase della pandemia, se c’è un dato che è difficilmente “pronosticabile” nel medio-lungo termine, questo dato è quello della stima di vita della popolazione.
Ecco gli scenari più plausibili per il futuro dei trattamenti previdenziali di vecchiaia
Oltretutto, è di dicembre 2023 l’ultimo report della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario. E pare che da quei dati, ormai superati e che nascevano nel post pandemia, fino al 2028, e quindi anche per il biennio 2027-2028, l’età dei 67 anni doveva essere confermata come quella utile alla pensione di vecchiaia ordinaria.
Parliamo di un’età che è in vigore dal primo gennaio 2019, perché è allora che è stato registrato l’ultimo aumento dei requisiti previdenziali legati alle aspettative di vita degli italiani. Invece, probabilmente, così non andrà. E continuando con il trend attuale, già nel 2027 si aspetta uno scatto.
L’aspettativa di vita incide sull’aumento dei requisiti pensionistici
Se l’aspettativa di vita aumenta, quindi, ecco che aumentano anche i requisiti per le pensioni. A partire dalla soglia anagrafica da raggiungere per poter accedere alla pensione di vecchiaia oggi fissata a 67 anni. L’aumento fissato dalla legge è calmierato a un massimo di 3 mesi a biennio. Questo significa che, anche se aumenterà di 5 mesi la vita media della popolazione, nel 2027 la pensione di vecchiaia potrà arrivare a un massimo di 67 anni e 3 mesi.
Fermo restando che i due mesi in più che dovevano essere imposti, ma che alla luce del limite imposto non possono essere subito applicati, saranno posticipati al biennio successivo. Quando, anche se non aumenterà la vita media della popolazione, i due mesi precedentemente “bloccati” sarebbero imposti ugualmente. Portando, nell’esempio di prima, la pensione di vecchiaia a 67 anni e 5 mesi per il biennio 2029-2030.
Aumento requisiti pensionistici fino a 70 anni di età, ecco perché
Fermo restando il fatto che gli aumenti non riguardano solo il requisito anagrafico delle pensioni di vecchiaia ma anche quello contributivo delle pensioni anticipate, bisogna dire che, salendo in questo modo l’età pensionabile, salgono anche i requisiti anagrafici di misure come la pensione anticipata contributiva, che passerebbe nel 2027 a 64 anni e 2 o 3 mesi.
Ma perfino una misura che di previdenziale non ha nulla, come l’assegno sociale, rischia di salire. Se è vero che, così come sono utili alla pensione di vecchiaia i 67 anni di età adesso, lo sono pure all’ex pensione sociale. Misura che si ottiene senza contributi: ecco che il limite anagrafico, se salirà, salirà in parallelo.
Da questa analisi è inevitabile considerare che, di due o tre mesi alla volta, molto presto le pensioni di vecchiaia supereranno il tetto dei 70 anni. E non ci vogliono simulatori per capirlo. Alla luce di quanto detto, ogni 10 anni l’età pensionabile rischia di salire di 10/12 mesi, se non di più. Già nel 2034 potrebbero servire 68 anni per lasciare il lavoro, e prima del 2040 si arriverebbe a 69. Per poi andare dritti verso la fatidica quota dei 70 anni.
Ma vogliono mandarci in pensione vecchi e decrepiti ??? Perché non si tolgono loro i vitalizi anche agli eredi ???? Non siamo fatti di ferro , e avendo un lavoro usurante abbiamo diritto di poter godere anche noi della nostra pensione straguadagnata
Giusto x che loro non fanno un c…o stanno solo seduti su una poltrona e chi si deve ammazzare siamo noi sperando che la vediamo la pensione Maledetti voi e chi vi a messo al coverno
Ad oggi la legge sui lavori usuranti prevede 35 anni di contributi, ma un’ età minima di 61 anni e 7 mesi, per cui se uno avesse iniziato a venti anni non basterebbero 40 anni di lavoro usurante per avere uno straccio di pensione. E questo serve anche a pagare chi negli anni ’80 è andato in pensione a 42-43 anni di età anagrafica con 25 anni di contributi. È una Repubblica fondata sul lavoro e l’ uguaglianza tra lavoratori questa?
Maledetti loro 2 legislature pensione a vita con vitalizio anche alla settima generazione mi viene da vomitare.