Domani, l’Assemblea Nazionale discuterà della mozione di sfiducia presentata da France Insoumise, la formazione della sinistra facente capo a Jean-Luc Mélenchon. Il Rassemblement National di Marine Le Pen ha annunciato che la voterà, un fatto che provocherà la crisi di governo in Francia. Il primo ministro Michel Barnier, in carica da appena due mesi e mezzo, ha dichiarato che si assumerà la responsabilità di quanto accadrà. La sua legge di bilancio per il 2025, composta da tagli alla spesa per 40 miliardi e aumenti delle tasse per altri 20, non ha incontrato il favore della destra lepenista, che chiedeva lo stop alla deindicizzazione delle pensioni e all’aumento delle imposte sulle bollette dell’energia.
Crisi di governo in Francia è fallimento di Macron
Ma il fallimento non è di Barnier, personalità di spessore e già commissario europeo, esponente della destra repubblicana. L’errore sta a monte. Nel giugno scorso, dopo avere straperso le elezioni europee, il presidente Emmanuel Macron ha pensato bene di sciogliere l’Assemblea Nazionale, destabilizzando il quadro politico. Sebbene non godesse già della maggioranza parlamentare, nei fatti i centristi guidavano un governo di minoranza senza grosse difficoltà. La prova di forza dell’Eliseo ha sconquassato il sistema. Il peggio è arrivato dopo la vittoria al primo turno di Le Pen. Per impedirle di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi, Macron ha fatto ritirare i suoi candidati nei collegi in cui erano deboli e in cui la sinistra aveva possibilità di vittoria. Le famose “desistenze” hanno sì impedito che la destra sovranista vincesse, ma esitando un’Assemblea senza nessun vero vincitore e incapace di sostenere un esecutivo.
Gli errori di Macron non risalgono alla sola scorsa estate. L’uomo ha impostato la sua presidenza, sin dal primo mandato nel 2017, sull’arroganza. Nessun tipo di dialogo con alcun gruppo politico e, soprattutto, massima spregiudicatezza nell’usare gli avversari per vittorie di breve termine.
Presidenza con scarsi risultati
Macron si presentò ai francesi quasi otto anni fa come un innovatore, colui che avrebbe rinnovato il sistema con le riforme, rendendolo più snello e meno oppressivo, prospettando un’economia più libera e dinamica. Nulla di tutto questo è accaduto. La spesa pubblica è agli stessi livelli sul Pil di quando entrò all’Eliseo, intorno al 57% del Pil. Il deficit quest’anno potrebbe salire tendenzialmente al 7% del Pil, mentre il debito pubblico è sopra il 110% ed è previsto in aumento anche nei prossimi anni. La competitività dell’economia francese praticamente non esiste, se è vero che il disavanzo commerciale sia persino aumentato in rapporto al Pil, attestandosi sopra il 4% e confermandosi cronico.
E’ vero che qualche misura pro-business negli anni sia stata introdotta, come il taglio delle tasse per le imprese. Peccato che sia avvenuto in deficit. Degna di nota più che altro la mini-riforma delle pensioni. Nulla di eclatante, ma in Francia non si sarebbe potuto fare di meglio. L’età pensionabile è stata aumentata a 64 anni dai 62 precedenti e l’assegno pieno si otterrà gradualmente con 43 anni di contributi, al posto dei precedenti 42. Un bilancio magrissimo dopo sette anni e mezzo di presidenza.
Ora rischio di instabilità duratura
Sul piano geopolitico la Francia di Macron ha perso ormai tutto il Sahel. Ma questo aprirebbe un discorso ben più ampio e che non riguarderebbe solo Parigi. Il punto è che l’Eliseo non rappresenta più l’unità nazionale, ma si è trasformato in fonte di instabilità e caos. Questa crisi di governo in Francia non è come le altre. Per Costituzione non si potrà andare a nuove elezioni fino alla prossima estate.
La prima ipotesi è complicata. Il successore di Barnier è quasi impossibile che possa fare di meglio. Un’apertura a sinistra ora sarebbe tardiva e insufficiente per governare. La gauche si sente tradita da Macron dopo che questi ha formato un governo di centro-destra e sostenuto sottobanco da Le Pen, quando essa aveva ottenuto il maggior numero di seggi. Un altro esecutivo che guardi a destra non avrebbe senso, ritrovandosi gli stessi numeri. L’errore è stato a monte: pensare di usare il cordone sanitario anti-lepenista per continuare a gestire il potere come se alle urne non fosse accaduto nulla. Macron avrebbe dovuto coinvolgere ufficialmente almeno uno dei suoi “nemici” nell’esecutivo, ma l’arroganza del personaggio gli ha impedito di compiere un simile passo.
Crisi di governo in Francia straripa sui mercati
E ora è il caos. Una Parigi senza governo nel pieno dei poteri e senza maggioranza non potrà gestire al meglio i conti pubblici, né assumere decisioni necessarie sull’economia. La crisi di governo in Francia segna definitivamente il tramonto di Macron, anche se mancano ancora ben due anni e mezzo per la conclusione del suo secondo mandato. La situazione è diventata così grave, anche sui mercati finanziari, che più di uno azzarda su sue dimissioni per consentire al Paese una svolta politica coerente già dal prossimo anno. Siamo alla caduta di un simbolo dell’élite europeista, che alla causa ha portato negli anni più guai che risultati tangibili.