Sono ore convulse a Parigi, dove sta andando in scena una crisi di governo devastante per la credibilità del Paese sui mercati finanziari. I titoli del debito pubblico emessi dalla Francia sono sotto pressione da mesi e lo spread con la Germania è schizzato ai massimi dal 2012. Era sotto i 50 punti agli inizi di giugno, mentre adesso si colloca in area 85 punti e fino a un massimo di 90. La situazione è tesa, perché senza un governo nel pieno dei poteri non ci sarà modo per gestire i conti pubblici e cercare di sostenere la crescita dell’economia.
Debito della Francia in mano a Christine?
Per fortuna dei francesi, alla BCE c’è a capo una loro connazionale. Christine Lagarde, pur con tutti i suoi limiti mostrati sin dall’inizio del mandato nell’ottobre del 2019, non resterebbe impassibile dinnanzi a titoli del debito della Francia in emergenza. Vediamo di preciso in cosa consisterebbe il sostegno di Francoforte. Sappiamo che l’istituto ha in pancia ancora titoli di stato per complessivi quasi 4.000 miliardi di euro. Furono acquistati negli anni passati attraverso due programmi monetari, noti rispettivamente come Quantitative Easing e PEPP.
Bond francesi, spazio per acquisti BCE
Questi due programmi non sono più attivi, sebbene ancora fino alla fine di quest’anno saranno reinvestite parzialmente le scadenze del PEPP. La BCE possedeva al 31 ottobre scorso per l’esattezza titoli del debito della Francia per circa 472 miliardi attraverso il QE e per altri 297 miliardi al 30 settembre con il PEPP. Il primo dato riflette alla perfezione la quota del 20% spettante alla Francia, mentre nel secondo caso vale il 18%. Sebbene la “capital rule” non sia formalmente perseguita con il programma varato ad inizio pandemia, ciononostante ci sarebbe spazio per accrescere la quota di bond francesi per un altro 2%.
Senza bisogno di interventi straordinari, quindi, nell’immediato la BCE avrebbe a disposizione diverse decine di miliardi da destinare all’eventuale salvataggio del debito in Francia. Tuttavia, le dimensioni del PEPP si ridurranno mese dopo mese dal mese prossimo, per cui anche gli Oat a bilancio dovranno essere ridotti, anziché incrementati. Il calcolo complessivo prevede vendite per 85 miliardi tra QE e PEPP nel 2025. Considerate che nei primi 10 mesi di quest’anno i bond francesi sono stati venduti per circa 27,5 miliardi con il primo programma.
Attivazione del piano anti-spread
Esiste un’altra via per sostenere il debito della Francia. Si chiama Transmission Protection Instrument (TPI), il piano anti-spread varato nel luglio del 2022, contestualmente al rialzo dei tassi di interesse. Allora, i titoli del debito da proteggere erano quelli italiani. Questo strumento ha sventato sul nascere la speculazione ai danni dei BTp. Ma ha tre difetti clamorosi: non è automatico, né incondizionato, né illimitato. A richiederlo dovrebbe essere il governo in difficoltà con i propri titoli del debito, dovrebbe impegnarsi sulle riforme, non dovrebbe essere soggetto a procedura d’infrazione per deficit eccessivo e, infine, gli acquisti non dovranno minacciare la stabilità dei prezzi.
La Francia non soddisferebbe diverse delle condizioni previste. In primis, perché non avrebbe un governo nel pieno dei poteri e capace di sottoscrivere un memorandum d’intesa sulle riforme. Inoltre, è sotto procedura d’infrazione e il suo deficit per quest’anno è atteso persino in crescita rispetto allo scorso anno. Improbabilissimo lo scenario di una Parigi che alzi bandiera bianca in cerca di sostegno sul mercato.
Debito Francia tra difese e rischi
Dunque, il debito della Francia è a corto di difese? La storia insegna che, messa alle strette, l’Unione Europea va oltre il recinto dei propri regolamenti per salvare il suo bene più grande: l’euro.