Che in Corea del Nord non si stia bene, è qualcosa che tutti sappiamo, pur sprovvisti di dati macroeconomici comparabili. Ma emerge negli ultimi mesi una situazione sempre più allarmante e che potrebbe contribuire a destabilizzare l’intera area del Sud-Est del Pacifico. I prezzi del cibo stanno esplodendo e questo è un cattivo segnale. Non a caso, ieri il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, ha annunciato la legge marziale contro presunti sostenitori interni di Pyongyang, salvo ritirarla successivamente sulle proteste delle opposizioni, che guidano il governo, nonché lo sconcerto degli stessi alleati.
Prezzi del cibo esplosi da inizio anno
Ma facciamo un po’ di ordine. Dicevamo che la Corea del Nord non pubblica alcun dato e, soprattutto, non invia informazioni all’estero. Un’idea approssimativa di cosa accada nel “regno eremita” di Kim Jong-Un la offre Daily NK, il quotidiano sulla Corea del Nord gestito dagli oppositori all’estero. Con cadenza bimensile, pubblica i prezzi del cibo venduto nei mercati nelle principali città. E il 24 novembre scorso è risultato che un kg di riso abbia ovunque superato la soglia degli 8.000 won, qualcosa come 45 centesimi di dollaro. E’ un dato record e segna una crescita media del 7% in appena due settimane.
Il mais avrebbe, invece, superato i 4.000 won al kg, segnando un aumento superiore al 17% rispetto alla precedente rilevazione del 10 novembre. Rispetto all’inizio dell’anno, i prezzi sono esplosi gli uni del 64% e gli altri di quasi il 71%. Colpa del cambio, che sta collassando letteralmente. Per un dollaro servono adesso in media 18.000 won, quando all’inizio dell’anno ne bastavano intorno a 8.500. Un deprezzamento di oltre il 50%. In un solo mese, la valuta ha perso più del 10%.
Crisi del cambio arriva in tavola
Cosa c’entrano i prezzi del cibo con il crollo del won? A differenza di quanto si possa pensare, i generi alimentari di prima necessità non vengono importati, per cui non dovrebbero risentire delle oscillazioni del cambio.
Il regime non tollera che sia il mercato a fissare un tasso di cambio differente da quello ufficiale, che resta a 1:900. Il quotidiano riporta che nelle ultime settimane sono state intensificate le azioni repressive ai danni dei cambiavalute. Diversi nella provincia del Nord Pyongan sono stati “banditi”. Il termine evoca il dislocamento insieme alle famiglie in aree più remote, dove i figli non avranno verosimilmente mai migliori opportunità di vita.
Inflazione alimentata dall’aumento di moneta
I cittadini nordcoreani contattati, ovviamente in forma anonima, sostengono che gli agenti del cambio non siano i responsabili della crisi e che questa andrebbe addebitata ai progetti infrastrutturali del governo. Per finanziarli, spiegano, sta stampando moneta, alimentando l’inflazione e la svalutazione. Il boom dei prezzi del cibo è una pessima notizia in un Paese dove le condizioni di vita sono già agghiaccianti. La popolazione vive perlopiù in povertà anche estrema, specie fuori dalla capitale. E’ abituata alle privazioni materiali e della libertà, ma la fame rischia di destabilizzare anche un potere inamovibile e crudele come quello del regime comunista retto dalla dinastia dei Kim.
Può sembrare paradossale che Pyongyang mostri i muscoli con lanci di missili balistici a lungo raggio e l’invio di circa 10.000 truppe in Ucraina. Non lo è affatto. Servono più che mai dollari per placare la domanda di valuta estera all’interno della Corea del Nord e stabilizzare il cambio.
Prezzi del cibo ed escalation militare collegati
Ma il Paese non sembra voler rinunciare alle sue ambizioni nucleari, prerequisito per potersi sedere nuovamente al tavolo del negoziato con Donald Trump. Nel frattempo, il regime comunista ha fatto saltare in aria la via di comunicazione che conduceva nella Corea del Sud. Ha altresì modificato la Costituzione, non ambendo più alla riunificazione della penisola, ma anzi tacciando la vicina del Sud come potenza “ostile”. Naturale che a Seul cresce l’irritazione. E nemmeno la Cina vede di buon occhio l’avvicinamento eccessivo con la Russia. Se i prezzi del cibo continuassero a salire, nei prossimi mesi sarebbe verosimile assistere a un’escalation militare nell’area scatenata proprio da Kim. Non c’è di più facile che indirizzare verso un nemico esterno le cause dei propri guai.