La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30722 del 29 novembre 2024, ha chiarito ulteriormente i confini della tutela riservata ai lavoratori che usufruiscono dei permessi previsti dalla legge 104/1992. Questo pronunciamento si inserisce in un contesto giuridico complesso, in cui i diritti dei lavoratori e le prerogative dei datori di lavoro richiedono un delicato equilibrio.
Un lavoratore si è trovato al centro di una controversia legale dopo il licenziamento per due motivi principali. Da una parte, l’azienda ha contestato l’uso dei permessi ex lege 104/1992, sostenendo che fossero stati impiegati principalmente per attività personali piuttosto che per l’assistenza al genitore disabile.
Il lavoratore, ritenendo illegittimo il licenziamento, ha impugnato la decisione dell’azienda. La questione è stata esaminata sia dal Tribunale del lavoro che dalla Corte d’Appello, che hanno dato ragione al dipendente. Entrambi i gradi di giudizio hanno ritenuto che non sussistessero le condizioni per configurare un abuso dei permessi concessi dalla legge 104/1992 e che le altre condotte contestate non giustificassero il licenziamento.
Legge 104 e piena tutela al lavoratore: le motivazioni della Corte d’Appello
La Corte d’Appello ha sottolineato che con riferimento ai permessi ex lege 104/1992 non è stato dimostrato che il lavoratore ne abbia abusato. Inoltre, è stato eccepito che la violazione di tale obbligo costituisce una mancanza disciplinare, ma è punibile con sanzioni conservative, non con il licenziamento.
I giudici hanno anche ritenuto che partecipare a un’attività lavorativa di natura artistica, come cantare o suonare in un piano bar, non è automaticamente incompatibile con una diagnosi di ansia o depressione. Tale comportamento non dimostra necessariamente una simulazione della malattia o un ritardo nella guarigione.
Questi elementi hanno spinto i giudici di secondo grado a dichiarare illegittimo il licenziamento, evidenziando che il comportamento del lavoratore non fosse tale da compromettere il rapporto fiduciario con l’azienda.
Il pronunciamento della Cassazione
L’azienda ha successivamente presentato ricorso in Cassazione, ma anche la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della decisione dei giudici di merito. Il pronunciamento della Cassazione si è soffermato su alcuni aspetti fondamentali del caso:
- permessi giornalieri e assistenza al disabile: nel contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato dall’azienda, i permessi previsti dalla legge 104/1992 erano concessi solo in forma giornaliera e non oraria. Questo implica che è legittimo utilizzare un giorno intero di permesso anche per fornire assistenza per un periodo limitato. Ad esempio di un’ora, purché il restante tempo non sia dedicato ad attività incompatibili con le finalità del permesso;
- onere della prova a carico del datore di lavoro: la Cassazione ha ribadito che, nei casi di licenziamento disciplinare per presunto abuso di permessi o per lo svolgimento di altre attività durante la malattia, spetta al datore di lavoro fornire dimostrazione. In particolare, la simulazione della malattia da parte del lavoratore e che l’attività extralavorativa abbia inciso negativamente sulla guarigione o sul ritorno in servizio del dipendente.
Questa impostazione è conforme ai principi stabiliti dall’articolo 5 della legge 604/1966, che pone a carico del datore di lavoro l’onere di provare tutti gli elementi necessari per giustificare un licenziamento disciplinare.
I giudici di legittimità hanno anche richiamato una precedente sentenza (n. 13063/2022) che aveva affrontato una situazione analoga. In quel caso, la Corte aveva stabilito che lo svolgimento di un’attività durante la malattia non è sufficiente a giustificare il licenziamento, a meno che non si dimostri che tale comportamento abbia compromesso il recupero del lavoratore.
L’ordinanza sulla 104 e implicazioni per il mondo del lavoro
Questa ordinanza della Cassazione in esame conferma un approccio rigoroso nella valutazione dei licenziamenti disciplinari. Si ribadisce il principio secondo cui i permessi della legge 104/1992 rappresentano un diritto fondamentale del lavoratore. E non possono, quindi, essere oggetto di interpretazioni restrittive o arbitrarie da parte del datore di lavoro.
Il caso analizzato mette in evidenza alcune questioni chiave:
- equilibrio tra diritti e doveri. I lavoratori devono rispettare le finalità dei permessi concessi dalla legge 104/1992 e le prescrizioni mediche durante i periodi di malattia. Tuttavia, è compito del datore di lavoro dimostrare eventuali abusi o condotte incompatibili;
- valutazione del contesto. La partecipazione a un’attività ricreativa o lavorativa durante la malattia non costituisce necessariamente una violazione delle norme. A meno che non si dimostri un danno effettivo alla salute del lavoratore o un ritardo nella guarigione.
Riassumendo…
- La Cassazione conferma tutela del lavoratore sui permessi previsti dalla legge 104/1992.
- Inosservanza delle fasce di reperibilità punibile disciplinarmente, ma non giustificato licenziamento.
- Attività ricreative durante la malattia compatibile con diagnosi di ansia o depressione.
- CCNL legittimo uso giornaliero dei permessi anche per assistenza limitata.
- Onere della prova del licenziamento disciplinare resta a carico del datore di lavoro.
- Pronuncia rafforza equilibrio tra diritti dei lavoratori e esigenze organizzative aziendali.