Con 394 “nein”, 207 “ja” e 116 astenuti è finita lunedì sera l’esperienza di cancelliere per Olaf Scholz, sfiduciato dal Bundestag come egli stesso aveva chiesto per consentire lo svolgimento di elezioni anticipate il 23 febbraio prossimo. Non mancherà a nessuno, né in patria e né all’estero. Mai si era visto dal 1949 un capo del governo tedesco così incompetente e alla guida di una maggioranza parlamentare talmente sgangherata da risultare rissosa persino per gli standard italiani. Ufficialmente, la caduta si deve al “freno al debito”, che in Germania è regola costituzionale sin dal 2009.
Debito in Germania causa di crisi politica
Scholz chiedeva al suo ministro delle Finanze, Christian Lindner, di allentarla per poter investire diversi miliardi di euro in più a sostegno dell’economia. Questi si è rifiutato e da leader dei liberali (FDP) gli ha ritirato la fiducia. Giocando di anticipo, il cancelliere lo ha licenziato insieme ai ministri del suo partito, avviando l’iter di fatto per lo scioglimento anticipato del Bundestag.
Conservatori favoriti per la vittoria
C’è chi tira un sospiro di sollievo in Europa, credendo che dopo le elezioni la Germania ricorrerà maggiormente al debito per porre fine a una recessione economica apparentemente incessante. Quando si analizza la situazione politica di uno stato, bisogna fare attenzione a non trasformare i propri desideri in previsioni. A meno di improbabili sorprese, le elezioni le vinceranno i conservatori di Friedrich Merz, ribattezzato “Fritze” (“tipo”) da uno Scholz inviperito nel suo discorso di commiato. E già questo dato stride con l’idea di una politica fiscale decisamente più espansiva.
I conservatori all’opposizione sono stati proprio coloro che 15 anni fa introdussero lo “Schuldenbremse” nella Costituzione. E sotto i loro governi, capeggiati da Angela Merkel, il debito in Germania non solo si ridusse in rapporto al Pil, ma persino in valore assoluto grazie agli avanzi di bilancio maturati tra il 2014 e il 2019.
Lindner ricorda i doveri tedeschi
Un assaggio del dibattito post-elettorale ce lo ha offerto lo stesso Lindner nel suo discorso sulla sfiducia. Egli ha naturalmente rivendicato la scelta di abbandonare la maggioranza “semaforo”, ma ha detto di più. Girandosi verso i suoi ex alleati – Scholz e il vice Robert Habeck – ha riaffermato il “compito” che spetterebbe alla Germania, ossia di guidare l’unione monetaria attenendosi ai principi fondanti. Ha ricordato che già una volta con l’allora cancelliere Gerhard Schroeder, anch’egli socialdemocratico, la Germania abbia deviato dalla sua attenzione per questi principi. La conseguenza è stata la drammatica crisi dei debiti nell’unione.
Le argomentazioni di Lindner sono tutt’altro che campate per aria. La leadership impone di tenere un comportamento più probo di quello preteso dagli stessi partner. La Germania non può cedere sul debito, altrimenti scatterebbe una corsa in Europa ad allentare ulteriormente le politiche fiscali nazionali. I conti pubblici finirebbero in molti stati per saltare in aria. E questo è il timore che Berlino ha da sempre sul Sud Europa, Francia compresa. Andò effettivamente così nel 2003, quando l’allora presidente di turno dell’Unione Europea, Silvio Berlusconi, si fregiò di avere assecondato la posizione tedesca per un allentamento fiscale. Un lustro più tardi si sarebbero pentiti un po’ tutti di quella scelta, perché invio un segnale sbagliato a stati come Grecia, Francia e Italia.
Allentamento sul debito in Germania contenuto
Qualcosa la Germania sul debito la farà. Non cancellerà la regola costituzionale, ma un probabile cancelliere Merz aumenterebbe il deficit temporaneamente e soltanto per potenziare gli investimenti pubblici. Di più non ci pensiamo nemmeno.