Dall’INPS arrivano lettere con pensione da restituire, ecco quando

Ecco come funziona la pensione che l'INPS spesso chiede di restituire del tutto o in parte e da dove deriva questa situazione.
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1 giorno fa
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Dall’INPS arrivano lettere con pensione da restituire, ecco quando
Foto © Pixabay

Come si fa a prendere una pensione mese dopo mese e poi doverla restituire? La domanda se la stanno ponendo tanti contribuenti e pensionati italiani. Ovvero coloro che si trovano ad aver ricevuto lettere dall’INPS con la richiesta di restituzione di alcune somme. Un incubo che si materializza.

In questi giorni sono tante le lettere che arrivano ai contribuenti italiani titolari di pensione, con l’INPS che chiede la restituzione delle somme indebitamente percepite sui loro trattamenti. Tanti hanno ricevuto già una comunicazione dall’INPS, ma perché arrivano queste lettere?

“Buongiorno, sono Stefano, pensionato con assegno da 650 euro al mese circa.

Adesso mi hanno mandato una lettera con cui l’INPS chiede indietro 368 euro sulla mia pensione per via di una ricostituzione della pensione che io non ho fatto. Come mai?”

“Salve, sono una titolare di assegno sociale da 450 euro al mese circa. L’INPS però adesso mi manda una lettera con cui mi chiede di restituire oltre 1.000 euro. Non capisco il perché. Mi date una mano?”

Dall’INPS arrivano lettere con pensione da restituire, ecco quando

Di pensione da restituire all’INPS se ne parla ogni qualvolta l’INPS avvia queste campagne che, ai pensionati, fanno sempre tanta paura. L’Istituto vuole indietro spesso somme indebitamente percepite dai pensionati e, in alcune circostanze e periodi, questo avvenimento assume i connotati di un autentico fenomeno.

In primo luogo, va detto che ciò può dipendere da errori direttamente da parte dell’INPS. In altri casi, invece, dipende dal pensionato. Soprattutto i pensionati che hanno prestazioni interamente o solo in parte legate ai redditi o a determinati requisiti corrono il rischio di dover restituire delle somme. Questo perché la loro pensione è sempre provvisoria, in quanto la si percepisce solo se i requisiti restano validi per tutta la durata della prestazione. E, dunque, non solo al momento della presentazione della domanda di pensione o del trattamento.

Le somme indebitamente percepite, che poi l’INPS chiede indietro, possono derivare da diverse cause e spesso il pensionato può evitare di finire in questo triste avvenimento.

I modelli RED ma non solo, ecco le comunicazioni periodiche ed obbligatorie da restituire all’INPS

Oltre alle lettere sulle somme indebitamente percepite, in queste ultime settimane ai pensionati sono state recapitate le lettere della nuova campagna RED. Le due lettere sono collegate. Cosa c’entra la campagna RED con le richieste di restituzione delle somme indebitamente percepite da parte dell’INPS? Le due cose sono collegate perché una delle cause più frequenti di somme a debito da restituire all’INPS deriva proprio dal mancato adempimento alla campagna RED degli anni precedenti.

I titolari di pensione che hanno una parte di trattamento (o tutto, come per l’assegno sociale) collegata ai redditi propri ed eventualmente del coniuge, hanno l’obbligo di comunicare i redditi. Lo strumento è proprio la campagna RED. Bisogna comunicare annualmente i propri redditi all’INPS affinché l’Istituto possa verificare se l’interessato continua ad avere diritto alla prestazione. Ma anche affinché l’INPS possa ricalcolare l’importo della prestazione, che — come detto — è provvisorio, in base ai nuovi dati reddituali dichiarati.

L’obbligo riguarda i pensionati che non sono tenuti a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate. Chi invece è assoggettato a questo obbligo permette all’INPS, grazie all’incrocio dei dati con l’Anagrafe tributaria, di effettuare tutte le verifiche del caso in maniera automatica.

Ecco i modelli da inviare all’INPS e da non sottovalutare

Le comunicazioni reddituali tramite i modelli RED non sono le uniche che possono determinare, in caso di inadempimento, la restituzione di somme all’INPS. Ci sarebbe, per esempio, anche il modello INV.CIV.

Si tratta del modello che i titolari di prestazioni per invalidi devono inviare all’INPS perché è necessario che l’Istituto sappia se, per caso, il beneficiario di una prestazione è stato ricoverato a spese del Servizio Sanitario Nazionale. E naturalmente chi grava sulle casse dello Stato per ricovero non può gravare anche con una prestazione economica, che pertanto si sospende per i periodi della degenza.

Cosa succede in caso di inadempimento, ecco quando la pensione deve essere restituita all’INPS

In caso di mancata comunicazione reddituale o per invalidi, è facile che l’INPS spedisca le lettere di cui parlavamo prima. Perché considera il pensionato come fuori dai requisiti utili a godere di una determinata prestazione. Per esempio, ci sono pensioni integrate con le maggiorazioni sociali, piuttosto che con l’integrazione al trattamento minimo: somme aggiuntive assoggettate a verifica annuale da parte dell’INPS.

Nel caso dell’assegno sociale, la situazione è ancora più delicata, poiché si tratta di una prestazione del tutto collegata ai redditi. Infatti, per prendere l’assegno sociale non bisogna avere redditi superiori all’importo dell’assegno sociale stesso, nel caso di soggetti singoli, né superiori al doppio per i coniugati.

Quota 103, le vecchie quote e pure l’Ape sociale, i rischi di restituzione sono elevati

Nel caso in cui la richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite derivi da omissioni da parte del diretto interessato, c’è davvero poco da fare. Al massimo, si può chiedere la rateizzazione delle somme in più ricevute, da restituire.

Un altro caso in cui al pensionato può arrivare la richiesta di restituzione è collegato al fatto che misure come la quota 103 o l’Ape sociale prevedono un divieto di cumulo con i redditi da lavoro. Chi prende una pensione con una di queste due misure non può svolgere alcuna attività lavorativa. Salvo il lavoro autonomo occasionale, ma comunque fino a un massimo di 5.000 euro di reddito annuo.

Chi non rispetta l’obbligo si vede immediatamente sospesa la prestazione percepita. Con obbligo di restituire tutte le mensilità di pensione precedentemente incassate nello stesso anno in cui il mancato rispetto del divieto si materializza.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

    • Sono un pensionato da lavoratore precoce dal marzo 2022. Nel mese di maggio del 2024,ho iniziato un lavoro autonomo fatturando fino a settembre 2024.quindi aspettando 24mesi dal mio pensionamento,arrivando al tetto massimo di 42anni e10 mesi al raggiungimento del limite massimo per il raggiungimento della pensione ordinaria se fossi stato al lavoro. Ma l’ Inps attraverso una consulenza da me richiesta mi comunicava che io non potevo cumulare redditi da lavoro autonomo fino al ottobre 2029. Vorrei un chiarimento in merito se possibile grazie

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