Nel 2025 il regime forfettario presenterà diverse novità. Infatti, la riforma dell’Irpef/Ires, la legge di bilancio 2025 arrivata quasi all’approvazione finale nonchè il DDL Lavoro hanno modificato diversi aspetti del regime forfettario.
Le novità riguardano in primis le cause di esclusione ossia quelle condizioni oggettive in presenza delle quali la partita iva non può operare in regime forfettario. I cambiamenti riguardano la convivenza tra partita iva e il lavoro da dipendente.
La combinazione tra redditi da lavoro dipendente e attività in regime forfettario è sempre stato un tema cruciale.
Stessa cosa dicasi per i cambiamenti apportati dalla riforma dell’Irpef/Ires al trattamento fiscale di quelle spese che sono sostenute dal professionista e poi riaddebitate al cliente.
Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono gli elementi di novità per il regime forfettario.
Cosa cambia per i redditi da lavoro dipendente? Le novità della Legge di bilancio
A oggi sono esclusi dal regime forfettario: coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro. Tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (vedi lett d-ter, c.57 L.190/2014).
Un emendamento approvato in fase di discussione della L. di bilancio innalza il limite dei compensi da reddito da lavoro dipendente compatibili con la partita IVA in regime forfettario.
Il limite viene portato da 30.000 a 35.000 euro.
Occorre precisare che il nuovo limite di 35.000 euro deve essere verificato tenendo conto dei seguenti criteri:
- non devono essere inclusi nel calcolo gli arretrati, TFR e altre somme soggette a tassazione separata (come indicato nella risposta n. 102 del 2020);
- rilevano, invece, i premi di risultato derivanti da contratti collettivi, assoggettati a imposta sostitutiva del 10% (come chiarito nella risposta n. 398 del 2020).
Dunque chi nel 2024 avrà conseguito redditi da lavoro dipendente entro il limite di 35.000 euro, potrà operare in regime forfettario anche nel 2025.
Nel DDL Lavoro intercettata la causa di esclusione per chi fattura al proprio datore di lavoro
Il DDL Lavoro, all’art.17, invece interviene su un’altra causa esclusione.
Infatti, la lettera d-bis) del citato comma 57 preclude l’accesso al regime forfettario:
alle persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti
di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta. Ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro. A esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.
Tale causa di esclusione dal forfettario va verificata al 31 dicembre.
Grazie al Ddl Lavoro viene previsto che l’esclusione non si applica alle persone fisiche iscritte ad albi e/o repertori professionali esercenti attività libero-professionale (incluse quelle esercitate nelle forme di
cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile quali rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione).
Ciò vale se le prestazioni di lavoro sono prestate a favore di datori di lavoro che impiegano più di 250 dipendenti e dai quali sono contestualmente assunti:
con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato.
Le caratteristiche del contratto di lavoro per superare la causa di esclusione
Affinché non operi la causa di esclusione, il contratto di lavoro deve prevedere un orario che rientri tra un minimo del 40 per cento e un massimo del 50 per cento del tempo pieno previsto dal contratto collettivo di lavoro applicato.
E’ prevista altresì un’ulteriore deroga alla causa di esclusione in parola. Infatti, fermo restando i suddetti requisiti contrattuali, in mancanza di iscrizione ad albi o repertori professionali, la predetta causa ostativa non si applica, altresì, nei confronti delle persone fisiche che esercitano attività di lavoro autonomo, nei casi e nel rispetto delle modalità e condizioni previste da specifiche intese realizzate ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge, 13 agosto 2011, n.138.
Il riferimento è a quegli accordi che i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono realizzare, al fine di:
- garantire una maggiore occupazione;
- migliorare la qualità dei contratti di lavoro;
- favorire l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e
l’avvio di nuove attività.
Le deroghe in parola operano a condizione che: il contratto di lavoro autonomo stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato sia certificato (vedi certificazione da Enti Bilaterali, Direzioni provinciali del lavoro, università pubbliche e private, ecc.); non si configuri, rispetto al contratto di lavoro subordinato, alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione nonché all’orario e alle giornate di lavoro.
La riforma dell’Irpef-Ires cambia il trattamento fiscale delle spese riaddebitate al cliente
Ulteriore novità è collegata al D.Lgs 192/2024. Decreto di riforma dell’Irpef e dell’Ires.
In particolare viene previsto che il rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e riaddebitate analiticamente al committente non faranno reddito. Si pensi alle spese per viaggi, vitto, alloggio, ecc.
A oggi, per il regime forfettario tali spese fanno reddito seppur sulla base dell’indice di redditività collegato al codice Ateco dell’attività svolta.
Naturalmente ciò comportava un diverso trattamento fiscale rispetto a chi è in regime ordinario che invece può dedurre per intero le spese riaddebitate. Ora il problema viene risolto o a monte con una modifica all’art.54 del TUIR prevedendo che le suddette spese non concorrono alla formazione del reddito.
Naturalmente ciò comporta che tali spese diventeranno indeducibli. Non ci può essere un doppio vantaggio fiscale.
La deducibilità sarà ammessa però laddove il committente non provveda a rimborsarle.
La chance di deduzione scatta a partire dalla data in cui:
- il committente ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni;
- la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente sia rimasta infruttuosa;
- il diritto alla riscossione del corrispondente credito si è prescritto.
Riassumendo…
- Innalzamento limite di redditi da lavoro dipendente: il limite per accedere al regime forfettario sale da 30.000 a 35.000 euro, escludendo dal conteggio arretrati e TFR, ma includendo premi di risultato tassati al 10%.
- Cause di esclusione riviste: la fatturazione (incassi) prevalente verso il proprio datore di lavoro rimane causa di esclusione, ma sono previste deroghe per lavoratori autonomi con contratti part-time e indeterminati presso aziende con oltre 250 dipendenti.
- Contratti certificati: per evitare sovrapposizioni tra lavoro subordinato e autonomo, i contratti devono essere certificati e rispettare specifici requisiti contrattuali.
- Trattamento delle spese riaddebitate: dal 2025, i rimborsi analitici delle spese riaddebitate al cliente non concorreranno alla formazione del reddito anche per i forfettari.
- Deduzione condizionata delle spese: le spese riaddebitate saranno ammesse alla deduzione solo in casi specifici, come l’insolvenza del committente o la prescrizione del credito.