Possono i figli rivoltarsi contro i padri, le creature contro il loro creatore? Chiedere a Londra, dove sta andando in scena un avvio di crisi finanziaria dai connotati potenzialmente esplosivi. Il mondo della finanza, così come lo conosciamo in questi anni, non è mai stata una derivazione del mondo latino. L’Italia inventò le banche nel basso medioevo, mentre la Germania è artefice delle assicurazioni. Specchio di storie e tendenze culturali specifiche. Ad un popolo di commercianti e navigatori come il nostro serviva credito per finanziare le proprie attività, mentre i tedeschi sono sempre stati accorti nel proteggersi contro i rischi futuri.
Crisi finanziaria nel regno del capitalismo
E gli inglesi? A loro si deve la nascita del capitalismo moderno con la rivoluzione industriale nel 18-esimo secolo. Non fu solo fortuna, ma segno dell’intraprendenza di un popolo ostinato, sognatore e avventuriero. Il capitalismo finanziario è un’evoluzione della sua forma primordiale fondata su una legislazione liberale, protettrice dei diritti di proprietà e favorevole agli affari. Probabile che la prima associazione che ci venga in mente oggi quando parliamo di Londra sia proprio la finanza. In effetti, non c’è un termine di quest’ampia area semantica che non ci venga propinato in lingua inglese.
Londra è la City, banche, assicurazioni, fondi di investimento e società quotate in borsa. Viene difficile immaginare che i mercati possano prendere di mira il Regno Unito, di cui questa straordinaria e vivace metropoli è la capitale politica ed economica. Invece, da qualche tempo gli investitori segnalano ai sudditi di Sua Maestà che non sono immuni alle leggi del mercato. Già nell’autunno del 2022 vi fu un’avvisaglia di crisi finanziaria, stroncata sul nascere dalla caduta del governo di Liz Truss e la sua sostituzione in tutta fretta con Rishi Sunak.
Gilt e sterlina in caduta libera
Cos’era accaduto? L’allora neo-premier conservatrice, insediatasi solamente agli inizi di settembre e qualche giorno prima della morte della regina Elisabetta II, aveva presentato un bilancio per il 2023 imbastito di tagli alle tasse per svariate decine di miliardi di sterline.
Truss si dimise, il bilancio venne rivisto e a Londra si fece finta di nulla come per dire “signori, abbiamo scherzato”. Nel luglio scorso a vincere le elezioni generali è stato il Partito Laburista di Keir Starmer. Non ha vinto, ha stravinto conquistando 402 dei 650 seggi in palio del Parlamento. Un trionfo dopo 14 lunghi anni all’opposizione. A Roma avrebbero detto “e chi li ammazza più a questi?”. Invece, il nuovo governo è nato sotto una cattiva stella, assediato dal malcontento sin dal primo giorno del suo insediamento. A fine ottobre il cancelliere dello Scacchiere (ministro delle Finanze UK), Rachel Reeves, presenta la sua legge di bilancio per il 2025. Ci sono 40 miliardi di sterline di aumenti delle tasse, ma più che compensati da aumenti di spesa.
Timori per effetto Truss
Per evitare l’infausto “effetto Truss“, Reeves rassicura i mercati circa la volontà di tenere i conti pubblici ordinati. Limita a 9,9 miliardi l’incremento della spesa corrente fino all’anno fiscale 2029/2030. I mercati non la prendono ugualmente bene. I laburisti sono tornati al potere promettendo maggiori investimenti pubblici, ma senza avere un piano preciso per stabilizzare il debito. Questo è salito a 2.800 miliardi di sterline e sfiora il 100% del Pil britannico. I rendimenti sono saliti ai massimi dal 2008 per la scadenza decennale e ai massimi dal 1998 per quella trentennale.
Mercoledì sera, il Tesoro è dovuto intervenire per rassicurare i mercati circa l’obiettivo della stabilità fiscale. Ma i prodromi della crisi finanziaria ci sono tutti. E se ciò sembra un fatto impossibile agli occhi delle nuove generazioni cresciute con il mito inglese della buona condotta dei governi, sappiate che la storia britannica è stata molto più travagliata di quanto non crediamo. C’è un precedente umiliante che risale al 1976. Al governo c’era il premier laburista Harold Wilson. Il Paese era in preda ai disordini tra inflazione al 25%, scioperi che paralizzano le città, disoccupazione in risalita e crisi della sterlina. Sarebbe stato rimpiazzato da James Callaghan, che puntò a battere l’inflazione e rimettere un po’ di ordine.
Il salvataggio dell’FMI nel 1976
Cancelliere dello Scacchiere con il vecchio e nuovo governo era Denis Healey. Le previsioni lasciavano intravedere il rischio che Londra non fosse in grado di ripagare il debito di lì a breve. La caduta della sterlina ai minimi storici di 1,58 contro il dollaro lo convinse a richiedere un prestito di 3,9 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Fu l’operazione al tempo più cospicua varata dall’ente e in cambio di una politica di austerità fiscale. Quel denaro probabilmente stanò sul nascere la crisi finanziaria tramite la bilancia dei pagamenti. Solo metà dell’importo venne effettivamente incassato e restituito in anticipo già nel 1979. Quell’anno lì salì al potere Margaret Thatcher, la donna che rivoltò il Regno Unito come un calzino e ripristinò ordine monetario e fiscale.
Il precedente di quasi mezzo secolo fa non implica che Londra stia per chiedere un nuovo salvataggio all’FMI. Non siamo a questo. Tuttavia, il governo laburista rischia grosso. La crisi finanziaria si sta alimentando per via della crescente sfiducia verso le istituzioni sulla capacità di tenere i conti pubblici in ordine.
Crisi finanziaria ancora arrestabile
Dopo la crisi finanziaria del 2008 a Londra la solidità fiscale è venuta meno. Anche l’ex premier conservatore David Cameron finì travolto dalle politiche di austerità, con il malcontento ad avere contribuito alla vittoria dei “Leave” al referendum sulla Brexit nel 2016. La storia anche recente ci insegna che non c’è un’eccezione britannica sui mercati. A Londra qualcuno sembra avere dimenticato che la sterlina non sia più valuta di riserva globale da qualche secolo, con tutti gli annessi privilegi perduti e che oggi sono in capo al Dipartimento del Tesoro a Washington. Non puoi chiedere più soldi al mercato e pensare di non pagare dazio. C’è ancora tempo per spegnere l’incendio prima che le fiamme divorino Londra come nel terribile 1666. Ma la clessidra è già in azione.