Come un fulmine a ciel sereno arriva la notizia (che poi non è una vera notizia) di un incremento dei requisiti di uscita per le pensioni. Ci vorranno 3 mesi in più per andare in pensione con le misure ordinarie. La cosa era nell’aria, e adesso, secondo una denuncia della CGIL, pare che ci sia la conferma.
A dire il vero, tutto nasce, sempre secondo il sindacato, dall’aggiornamento dei criteri all’INPS. Per smorzare polemiche e allarmismi, bisognerà comunque attendere ancora per capire se ciò avverrà o meno e in che misura.
Pensioni a 67,3 anni o con 43,1 di contributi, ma da quando?
Un dato di fatto è che le pensioni sono collegate all’aspettativa di vita della popolazione. Questo parametro, in genere, è tanto più sfavorevole in materia pensionistica quanto più cresce. Un paradosso, perché una notizia positiva – e cioè che la vita media degli italiani aumenta – diventa un aspetto negativo per le pensioni.
Un esempio lo abbiamo visto con il recente ritocco dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione. Secondo le stime dell’ISTAT, la vita media della popolazione cresce, e quindi i coefficienti diventano meno favorevoli. Significa che chi va in pensione nel 2025 percepirà, a parità di età, contributi e montante, una pensione più bassa rispetto a chi ci è andato negli ultimi anni.
Il motivo è presto detto: se gli italiani vivono più a lungo, l’INPS dovrà pagare per più tempo le pensioni. E allora, per garantire la sostenibilità, meglio ridurle di importo.
La stima di vita della popolazione, come sale l’età salgono anche i requisiti delle pensioni e peggiorano le regole di calcolo
Ma la vita media della popolazione non incide solo sul calcolo delle pensioni.
I dati sulla stima di vita della popolazione sono in crescita dopo gli anni della pandemia. E, come è successo con i coefficienti, presto sarà la volta dell’inasprimento dei requisiti di accesso. Presumibilmente, dal 2027 serviranno, per la pensione di vecchiaia ordinaria, 67 anni e 3 mesi di età. Uno scatto di 3 mesi che seguirà quello del 2019, quando si passò da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Stesso discorso per le pensioni anticipate scollegate dall’età anagrafica: dai 42 anni e 10 mesi di oggi si passerà a 43 anni e 1 mese.
Da quando le pensioni saliranno a 67,3 anni o con 43,1 anni di contributi per gli italiani?
Anche in questo caso, la ragione è sempre la stessa: se aumenta la vita degli italiani, le pensioni dovranno essere percepite più tardi, per un fatto di conti pubblici e sostenibilità del sistema. Ecco spiegato il motivo per cui ora si guarda al 2027 con queste ipotetiche pensioni a 67,3 anni o con 43,1 di contributi.
L’allarme è già scattato, ma è la stessa CGIL a sottolineare come, al momento, non esistano comunicazioni ministeriali ufficiali. Resta il fatto che l’INPS, giocando in anticipo, avrebbe già aggiornato le sue applicazioni di calcolo delle pensioni per gli anni futuri. Si tratta di simulatori, che in alcune stime guardano anche oltre il 2027, prospettando dal 2029 un ulteriore scatto: 67 anni e 5 mesi per la vecchiaia e 43 anni e 3 mesi per le anticipate.