Groenlandia non in vendita: Trump potrebbe comprare altri stati Europei?

La Groenlandia non è in vendita dicono a Nuuk e Copenaghen, ma le dichiarazioni di Trump sollevano un tema inaspettato in Europa.
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Trump e le mire sulla sola Groenlandia?
Trump e le mire sulla sola Groenlandia? © Licenza Creative Commons

Questa è stata una settimana particolare per l’Europa, in particolare per uno stato specifico: la Danimarca. Il presidente eletto Donald Trump, che si prepara ad insediarsi alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio, ha dichiarato che intende comprare la Groenlandia. Non è la prima volta che afferma una cosa del genere. Ci aveva provato nel 2019, cioè nel corso del suo primo mandato. Gli fu risposto picche. Se pensate che sia l’assurdità di un ricco tycoon un po’ megalomane, vi sbagliate. Già alla fine della Seconda Guerra Mondiale era stato l’allora presidente Henry Truman, democratico, ad avanzare l’offerta di 100 milioni di dollari al governo di Copenaghen.

Respinta. Non se ne parlò più negli Stati Uniti, ma sottotraccia il tema non è mai stato del tutto accantonato.

Trump guarda a Groenlandia in ottica anti-sinorussa

Truman spiegò alle autorità danesi che per loro l’isola di ghiaccio era una priorità di sicurezza militare. E lo è ancora oggi. L’Unione Sovietica non c’è più da oltre 30 anni, ma la Russia di Vladimir Putin è tornata ad avere mire espansionistiche ed imperiali. In Groenlandia Trump può contare su una grande base militare americana a Pituffik, nella parte occidentale. I media nazionali, anche quelli notoriamente iper-critici con il presidente eletto, non derubricano la sua dichiarazione a sparata priva di significato. Un po’ tutti la interpretano quale conseguenza di una necessità avvertita dalle autorità americane. Con ciò nessuno apertamente ritiene che debba esserci un’occupazione.

Occhi anche su Canada e Panama

Ma Trump non ha parlato solo di Groenlandia alla conferenza stampa di martedì. Ha citato altri due Paesi alleati: Canada e Panama. E per dire che entrambi dovrebbero fare parte degli Stati Uniti. A suo avviso, milioni di canadesi sognerebbero di diventare il 51-esimo stato degli USA. C’è un nesso tra questi tre stati? Parrebbe proprio di sì.

Canada e Groenlandia sono territori dell’Artico e possederle significherebbe avere il controllo dell’area in funzione anti-russa e anti-cinese. Il Panama non c’entra nulla con la sicurezza militare nel Nord Atlantico, mentre è essenziale per quella commerciale.

Il Canale di Panama venne costruito agli inizi del Novecento dagli americani e consente loro ancora oggi di far transitare le navi per il trasporto di merci da una parte all’altra degli Stati Uniti. Una rotta meno impervia di quanto sarebbe attraverso il Paese da Est ad Ovest e viceversa. E anche la Groenlandia agli occhi di Trump assumerebbe un significato economico e commerciale. Lo scioglimento dei ghiacci potrà consentire in futuro la navigazione per un periodo dell’anno più lungo.

Islanda isola nell’area di interesse americano

Fatta questa premessa, ci sono altri stati europei che dovrebbero preoccuparsi delle mire espansionistiche americane? A guardare la cartina geografica, possiamo notare che le ragioni commerciali e di sicurezza militare che emergono per la Groenlandia non sussisterebbero per l’Europa continentale e lo stesso Regno Unito più Repubblica di Irlanda. Se proprio volessimo trovare un altro territorio su cui gli americani metterebbero gli occhi nei prossimi anni, sarebbe l’Islanda. L’isola si trova nel Nord Atlantico, a sud della Groenlandia e ben più al Nord di Gran Bretagna e Scandinavia.

L’Islanda ha una popolazione inferiore ai 400.000 abitanti. A differenza della Groenlandia, è uno stato autonomo a tutti gli effetti, pur avendo fatto parte fino al secolo scorso della Danimarca. Da un punto di vista geografico, si rivelerebbe anch’essa strategica per gli americani. Questo non significa che gli Stati Uniti la invaderanno militarmente prima o poi. Ed è assai probabile che nulla di simile accada in Groenlandia, con o dopo Trump. Ci sono ben altri modi e molto meno traumatici e impopolari per controllare un territorio: i dollari.

La strategia di Washington consisterà verosimilmente di ottenere il controllo sia delle estrazioni minerarie, ove possibili, sia delle rotte commerciali che si aprirebbero con la navigabilità delle acque nei pressi dell’isola.

Possibile accordo economico a vantaggio degli USA

E allora a cosa starebbe servendo questa “escalation” verbale scatenatasi tra Trump e Danimarca sulla Groenlandia? La premier Mette Frederiksen ha riunito i leader di tutti i partiti per discutere del tema, considerato “molto serio” a Copenaghen. Lo scenario migliore per la Casa Bianca sarebbe che, magari impaurita di un eventuale scontro politico-militare, il governo danese cedesse l’isola in cambio di denaro. Le probabilità appaiono molto remote, anche se in passato operazioni simili sono avvenute. Ad esempio, nel 1867 la Russia vendette l’Alaska al governo americano.

Un’alternativa anch’essa probabile sarebbe che la Danimarca concedesse l’indipendenza e la Groenlandia contestualmente votasse per far parte degli Stati Uniti. Lo scenario più concreto, invece, passa per un accordo (anche sottobanco) tra danesi e americani per consentire ai secondi di usufruire di accordi commerciali ed economici speciali.

Trump e Groenlandia, fine del mondo fatato immaginato dagli europei

Tornando alla domanda iniziale, non ci sarebbe un rischio concreto che alcun altro stato europeo finisca nel mirino degli alleati americani. Sul piano della sicurezza hanno già le loro basi militari in tutto il continente, mentre sul piano geopolitico l’eventuale crescita dell’influenza può avvenire tramite la sfera economica, come ad esempio investendo massicci capitali in un territorio specifico per avere maggiore presa sia sui politici che sull’opinione pubblica. In conclusione, lo stupore suscitato da Trump sulla Groenlandia ci permette di capire che il mondo non è così fatato come ce lo siamo raccontato in Europa negli ultimi decenni. E’ popolato da lupi e agnelli e pensare di non essere né gli uni e né gli altri può farci finire prima o poi nel menù di qualcuno.

Il 24 febbraio 2022 ce lo ha dimostrato.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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