Gabriel Galipolo è il nuovo governatore del Banco do Brasil dallo scorso 1 gennaio e rimpiazza Roberto Campos Neto su nomina del presidente Lula nel difficile compito di arginare quella che sembra a tutti gli effetti una crisi finanziaria. I bond brasiliani sono in caduta libera sui mercati, mentre il tasso di cambio crolla contro il dollaro e l’inflazione sale, costringendo l’istituto ad alzare i tassi di interesse. Ma questo al capo dello stato non piace, perché contravviene alla sua politica di aumento della spesa pubblica.
Sfiducia tra investitori sui conti pubblici
I problemi della prima economia sudamericana derivano proprio dalla cattiva gestione dei conti pubblici. Lula si è insediato due anni fa per espletare uno storico terzo mandato, pur non consecutivo. E da allora ha trasformato gli avanzi primari in disavanzi. Nel 2022, ultimo anno di presidenza per Jair Bolsonaro, al netto degli interessi sul debito pubblico lo stato chiudeva il bilancio in attivo dell’1,25% del Pil, mentre nel 2024 ha chiuso in passivo per l’1,95%.
La stessa spesa per interessi è schizzata dal 5,82% al 7,57% sia per l’aumento globale dei tassi di interesse che per la sfiducia degli investitori verso la politica fiscale di Lula. Il risultato è che il deficit complessivo è esploso dal 4,6% al 9,5% in appena due anni. E questo ha un impatto devastante sui bond brasiliani sia reais che in valute straniere. I tre quarti risultano indicizzati all’inflazione o ai tassi di interesse, per cui non appena l’una o l’altra variabile sale, il costo a carico dello stato s’innalza immediatamente. Anche perché le scadenze medie sono basse e più della metà dello stock dovrà essere rimborsato entro i prossimi tre anni.
Cambio al collasso e riserve valutarie in calo
Il cambio ha ceduto il 18,6% contro il dollaro nell’ultimo anno.
I bond brasiliani in valuta locale rendono sempre di più. Il decennale sfiora il 15% contro l’11,40% di agosto. Le emissioni in valute straniere non vanno meglio. La scadenza in dollari del 20 gennaio 2034 con cedola 8,25% (ISIN: US105756BB58) in poco più di tre mesi è crollata del 10% e offre oggi circa il 7,20%. Se da un lato queste ultime non espongono al rischio del cambio brasiliano, dall’altro bisogna fare i conti con le riserve valutarie in calo. Ammontavano a 372 miliardi a settembre e adesso sono stimate a circa 326 miliardi, ai minimi da fine 2022. Solamente da inizio dicembre l’istituto centrale ha venduto asset per 36 miliardi di dollari per sostenere il cambio, tra l’altro con scarsi risultati.
Scenario turco per bond brasiliani e cambio
Il contesto internazionale non aiuta. Il rialzo dei rendimenti nelle ultime settimane aumenta la pressione sui bond brasiliani, costretti a rincorrere ancora di più. Se i primi passi del governatore Galipolo saranno all’insegna della difesa dell’indipendenza monetaria, il segnale per gli investitori sarà positivo almeno su questo versante. Se così non fosse, saremmo dinnanzi a uno scenario turco vero e proprio.