La nuova riforma delle pensioni 2026, 25 anni di contributi basteranno dai 64 ai 67 anni di età

La nuova riforma delle pensioni 2026 inizia a trovare una linea, con 25 anni di contributi basteranno dai 64 ai 67 anni di età?
10 ore fa
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La nuova riforma delle pensioni 2026 inizia a trovare una linea, con 25 anni di contributi basteranno dai 64 ai 67 anni di età?
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Prima è stata varata opzione donna, poi la quota 41 per i precoci insieme all’Ape sociale, quindi sono arrivati gli scivoli aziendali del contratto di espansione, e ancora le tante misure per quotisti, da quota 100 a quota 103. Dal 2012 a oggi sono molte le novità introdotte nel sistema previdenziale. Perché proprio dal 2012? Perché è l’anno di entrata in vigore della riforma pensioni Fornero.

E nonostante le numerose misure introdotte di volta in volta con le varie leggi di Bilancio, da parte di tutti i governi successivi a quello tecnico di Mario Monti, la riforma Fornero resta l’ultima vera riforma delle pensioni degna di questo nome.


A cosa servono tutte queste nuove forme di pensionamento introdotte negli anni? Servono a mitigare i pesanti limiti della riforma Fornero, ma solo per le platee ristrette cui tali misure sono destinate. Tuttavia, osservando ciò che i governi fanno annualmente, si può delineare l’indirizzo che la nuova riforma delle pensioni potrebbe eventualmente prendere.

La nuova riforma delle pensioni 2026, 25 anni di contributi basteranno dai 64 ai 67 anni di età

Ogni governo, introducendo alcune novità previdenziali, mette in evidenza quali siano le sue intenzioni in materia di pensioni. Per esempio, quando alcuni governi a guida PD introdussero misure come la quota 41 precoci o l’Ape sociale, risultò chiaro un aspetto: si iniziava a delineare la distinzione tra le diverse platee di contribuenti. Le pensioni non possono essere uguali per tutti i lavoratori, perché c’è chi svolge un lavoro più gravoso e dovrebbe poter andare in pensione prima.

Ci sono poi soggetti con problemi di vario genere, magari in famiglia, perché devono assistere un invalido (i cosiddetti caregiver). E ci sono persone invalide che non raggiungono comunque il livello per ottenere un trattamento pensionistico tale da farle smettere di lavorare. Infine, ci sono i disoccupati che, a una certa età, incontrano difficoltà a trovare nuova occupazione e rischiano di rimanere senza sostentamento.

Sono i cosiddetti fragili o vulnerabili: proprio per loro nascono le misure che anticipano il pensionamento (Ape sociale e quota 41 precoci).

Le riforme delle pensioni sono saltate sempre negli ultimi anni anche se partivano da progetti differenti

È verosimile pensare che se un futuro governo di centrosinistra dovesse varare una nuova riforma delle pensioni, questi elementi cardine – ossia consentire il pensionamento anticipato a chi si trova in una delle situazioni di cui sopra – ne farebbero parte.
Con il primo governo Conte venne invece introdotta la quota 100, prima misura per quotisti negli ultimi anni. Una formula che, dopo tre anni, è stata eliminata e sostituita con quota 102 e quota 103, misure progressivamente più rigide, da sfruttare o per età o per contribuzione.
Con la quota 100, fortemente voluta dalla Lega (ma appoggiata dal Movimento 5 Stelle come “merce di scambio” per il via libera dei leghisti al Reddito di Cittadinanza), si iniziò a ragionare in termini di superamento della legge Fornero. Difatti, fu l’unica misura che, senza limitazioni di platea, consentiva il pensionamento a tutti coloro che raggiungevano i requisiti prescritti: bastavano 62 anni di età e 38 anni di contributi.

Dalla quota 100 alle nuove pensioni con 64 anni di età

A partire dalla quota 100, che con i governi tecnici di una difficile legislatura si è trasformata prima in quota 102 e poi in quota 103, la Lega puntava a varare la quota 41 per tutti. In tal caso, si sarebbe guardato soltanto alla contribuzione versata, non all’età. Una misura che avrebbe rappresentato l’alternativa alla pensione anticipata ordinaria, senza alcun limite di platea.
Tuttavia, questa ipotesi ha perso popolarità nel tempo, anche a causa dei vincoli di bilancio, dei diktat europei e delle limitazioni di finanza pubblica.

Si è così passati dall’idea di una quota 41 per tutti priva di penalizzazioni, a una quota 41 di tipo contributivo e quindi decurtata nell’importo.

Fino ad arrivare a una quota 41 nuovamente vincolata a poche categorie, come i fragili e i lavoratori occupati in mansioni pesanti.

La nuova riforma delle pensioni 2026 come nasce?

La nuova legge di Bilancio apre a scenari differenti in vista di una possibile nuova riforma delle pensioni nel 2026. Si sta infatti facendo strada, grazie ad alcune novità di recente introduzione, l’idea di unificare la previdenza obbligatoria e quella integrativa. Ne è prova la nuova veste assunta dalla pensione anticipata contributiva, che si ottiene tradizionalmente a 64 anni di età e 20 anni di contributi.

Ma solo per chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 1995, e se l’importo della pensione non è inferiore a 3 volte l’assegno sociale. Per facilitare l’uscita con questa misura, dal 2025 sarà possibile utilizzare anche i fondi pensione complementare. In altre parole, chi nel 2025 deciderà di lasciare il lavoro a 64 anni potrà farlo se la pensione, pari a tre volte l’assegno sociale, sarà raggiunta anche grazie alla rendita maturata in un fondo previdenziale integrativo. Tuttavia, è stato inserito il vincolo di 25 anni di versamenti. In pratica, per sfruttare questa opzione, non bastano 20 anni di contributi, ma ne servono 25.

Combinazione 64+25 e poi? Ecco la nuova riforma delle pensioni 2026

Dietro questa novità potrebbe celarsi un progetto di ampio respiro. Infatti, la nuova riforma delle pensioni del 2026 potrebbe puntare verso la pensione per tutti a 64 anni, non solo per i contributivi, magari con 25 anni di contribuzione anziché 20. E ciò, consentendo agli altri contribuenti di avvalersi della rendita da fondi pensione, come una sorta di “cavallo di Troia” per soddisfare il requisito di una pensione almeno pari a tre volte l’assegno sociale.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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