Perché l’appeal dei titoli di stato italiani resta forte con il debito sopra 3.000 miliardi

Titoli di stato ancora appetibili, nonostante l'ascesa del debito pubblico sopra 3.000 miliardi di euro. Interessante il dato di dicembre.
10 ore fa
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Titoli di stato ancora appetibili
Titoli di stato ancora appetibili © Licenza Creative Commons

Ha fatto il giro delle redazioni il dato di novembre sul debito pubblico italiano, salito per la prima volta sopra 3.000 miliardi di euro. Era nell’aria, lo diceva la matematica, anche se si pensava arrivasse con l’inizio del nuovo anno. Ma i mercati non hanno reagito affatto negativamente. Anzi, l’appeal dei nostri titoli di stato in questo primissimo scorcio del 2025 si conferma molto forte. Pochi giorni fa, il Tesoro ha ricevuto ordini record per 270 miliardi per il lancio di due nuovi bond.

In teoria, i due fatti fanno a pugno tra loro.

Trend debito pubblico non spaventoso

Un debito record allontanerebbe gli investitori sui timori per la sua sostenibilità. Il punto è che, se rapportato al Pil, scopriamo che l’Italia sia l’unica tra le grandi economie al mondo ad essere riuscita a mantenerlo sostanzialmente invariato. Persino in Germania risulta aumentato, pur restando relativamente basso. Ma non è tanto questo il dato che più conta per i titoli di stato. Rileva, anzitutto, il costo. Si può avere un alto debito a tassi di interesse bassi o un basso debito a tassi alti.

Spesa per interessi in rialzo da anni

In Italia, la spesa per interessi è lievitata negli ultimi anni, sia in valore assoluto che in percentuale sul Pil. Ammontava a 61,3 miliardi nel 2019 (3,4%) e l’anno scorso già saliva in area 85 miliardi (3,9%). Ma i costi di emissione, dopo avere toccato l’apice nel 2023 al 3,76%, già scendevano nel 2024 a una media del 3,53%. E a dicembre, il rendimento medio dei nostri titoli di stato sul mercato secondario scendeva sotto il 3% per la prima volta dopo 28 mesi. Probabile che a gennaio risulteranno risaliti nuovamente sopra tale soglia. Ad ogni modo, non se ne allontanerebbero troppo.

Il 3% è un dato critico. Un debito al 135% del Pil o giù di lì, se finanziato nel lungo termine ad un tasso medio lordo del 3%, comporta una spesa per interessi intorno al 4% del Pil.

Che è in buona sostanza la percentuale attuale. Questo significa che non riceveremmo brutte sorprese su questo fronte. Ci basterebbe migliorare il saldo primario, vale a dire la differenza tra entrate e spese al netto degli interessi, per ridurre il deficit e auspicabilmente lo stesso rapporto tra debito e Pil.

Titoli di stato già scontano scenari avversi

L’altra buona notizia è che il 3% non sembra una previsione ottimistica. Anzi, è più probabile oggi come oggi che il costo di emissione medio scenda nel medio termine sotto tale soglia rispetto ad uno scenario opposto. E questo consentirebbe all’Italia di accelerare la riduzione del deficit, stabilizzando il debito in rapporto al Pil o anche abbassandolo leggermente. Le cattive sorprese possono arrivare dalla crescita, che è tornata ad essere bassa. Le riforme possono potenziarla nel medio-lungo termine. Nel frattempo, l’appeal dei titoli di stato resta intatto. I rendimenti sono già alti abbastanza da avere contemplato gli scenari più pessimistici e che per nostra sfortuna sinora sono stati tutti smentiti.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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