Nel presentare alla Camera il “Bilancio del sistema previdenziale italiano”, Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, ha voluto essere chiaro su un dato: non c’è allarme sulla tenuta dei conti Inps sia per questi anni che per i seguenti. Le criticità ci sono, com’è evidente dal calo demografico associato all’aumento del numero dei pensionati, ma un numero allontana i timori. Il rapporto tra occupati e pensionati si attestava nel 2023 a 1,4636 ed era di poco inferiore a quell’1,50, considerato di equilibrio.
Il peso delle baby pensioni
Uno dei massimi esperti, se non il principale esperto del sistema previdenziale italiano, sconfessa l’idea propinata un po’ da tutti in questi anni che a breve non ci sarebbero più soldi per pagare le pensioni. Certo, alcuni dati fanno riflettere sugli errori del passato e ai quali è impossibile rimediare. Sempre nel 2023 c’era un esercito di quasi 400.000 persone che percepiva l’assegno da oltre 40 anni. In media, gli uomini appartenenti a questo fortunato gruppo sono andati in pensione a 36,4 anni e le donne a 39,5 anni.
Sono i beneficiari delle famose “baby pensioni“, erogate fino al 1990 grazie a una legge risalente al governo Rumor. Essa consentiva alle donne impiegate statali di andare in pensione dopo appena 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio e agli uomini con 19 anni, 6 mesi e 1 giorno. I dipendenti degli enti locali potevano lasciare il lavoro già dopo soli 25 anni di anzianità. E c’è da considerare che nel calcolo rientravano anche i contributi figurativi, come i periodi di maternità. Una donna con due figli nei fatti poteva andare in pensione anche dopo avere lavorato solamente 8 anni.
Stop alla pensione anticipata
Queste mostruosità legislative hanno scassato il sistema previdenziale. Affinché esso si regga in piedi, risulta necessario per Brambilla che il periodo medio di pensionamento sia di 20-25 anni. E questo significa che nei prossimi anni bisognerà sbloccare l’adeguamento all’aspettativa di vita, fermo da 6 anni.
Noi pensiamo sempre a come ritardare l’età pensionabile per migliorare la sostenibilità del sistema previdenziale. Tuttavia, è come pensare alla costruzione di una casa partendo dal tetto. L’Italia ha un grosso problema e riguarda il basso numero di occupati. Questi sono saliti finalmente sopra quota 24 milioni e al massimo storico di circa il 62,5%. Ma nel confronto europeo restiamo ultimi in classifica, dietro persino a Paesi come Grecia e Spagna. Se tendessimo alla media europea, avremmo 3-4 milioni di occupati in più. A quel punto, il rapporto tra lavoratori e pensionati s’impennerebbe a 1,65-1,70, rendendo i conti Inps decisamente sostenibili.
Sistema previdenziale minacciato dagli inattivi
Più occupati significano più contributi versati, oltre che maggiore gettito fiscale. L’insieme dell’assistenza sociale diverrebbe più gestibile. L’allungamento dell’età pensionabile non è l’unica strada per aumentare l’occupazione. Serve agire sulle coorti maggiormente in sofferenza: i giovani sotto i 30 anni e le donne. Il tasso di inattività è fin troppo alto tra questi due gruppi. In generale, riguarda un italiano su tre in età lavorativa. Ci sono quasi 13 milioni di persone che non lavorano e non cercano attivamente un lavoro. Fenomeno concentrato al Sud. E durante la vecchiaia avranno verosimilmente bisogno di una qualche forma di assistenza, a fronte di pochi o nessun contributo versato. Questa è la grande minaccia a lungo termine al sistema previdenziale.