Coloro che vanno in pensione all’età di 67 anni rischiano di perdere fino a 575 euro. Come canta Daniele Silvestri con il brano Il mio nemico: “Perché poi gira e rigira gli serve solo una scusa, la fregatura è che è sempre un altro che paga e c’è qualcuno che indaga per estirpare la piaga. Però chissà come mai qualsiasi cosa accada, nel palazzo lontano nessuno fa una piega“. Tanti sono i problemi che affliggono la nostra società e che devono essere risolti. Peccato che non sempre siamo in grado di cogliere le varie criticità e dare un contributo a trovare una soluzione.
Questo perché difficilmente si riesce a capire l’intensità di un problema che non colpisce direttamente noi stessi. Basti pensare ai requisiti di accesso alle pensioni.
Verso la pensione a 70 anni e intanto chi esce a 67 “paga” fino a 575 euro
In realtà anche i più giovani dovrebbero già iniziare a volgere un occhio di riguardo al mondo delle pensioni. Solo in questo modo, infatti, è possibile farsi un’idea di quello che riserverà loro il futuro e cercare, ad esempio, di attuare delle misure preventive, come ad esempio valutare la possibilità di puntare sulla previdenza complementare. Questo perché, salvo eventuali cambiamenti apportati da un’eventuale riforma delle pensioni, si prospetta un futuro non di certo roseo per il sistema pensionistico del nostro Paese.
Se tutto questo non bastasse, i lavoratori temono di ricevere importi particolarmente bassi. Un timore più che fondato e che vede manifestare le sue prime avvisaglie già nel corso del 2025. Questo perché, in seguito all’aumento delle speranze di vita, si assiste ad una riduzione dei coefficienti di trasformazione. Quest’ultimi, ricordiamo, vengono applicati al montante contributivo e differiscono in base all’età anagrafica del soggetto nel momento in cui va in pensione. Ad un’età più alta corrisponde un coefficiente più elevato. Ne consegue che tale valore influenza in modo diretto l’importo finale del trattamento pensionistico.
L’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione viene effettuato ogni due anni tenendo conto delle rilevazioni ISTAT sull’adeguamento alle aspettative di vita. In base a quanto si evince dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in seguito agli ultimi aggiornamenti i coefficienti di trasformazione sono più bassi rispetto a quelli precedenti. Per questo motivo chi va in pensione a partire dal 1° gennaio 2025 avrà un assegno più basso a parità di montante contributivo, rispetto all’anno scorso.
questo articolo però non tiene conto che il montante 2025 è rivalutato di oltre il 3%, ben più dell’inflazione e pertanto in realtà quest’anno non si perde niente con la riduzione del coefficiente di conversione. Lo dico perché sto proprio richiedendo la pensione avendo già maturato i requisiti nel 2024