Europa votata all’autodistruzione con il Green Deal, a Bruxelles pesa lo stallo tedesco

Il Green Deal sta portando l'economia europea verso l'autodistruzione, ma a Bruxelles si respira aria di stallo a causa della Germania.
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Green Deal autodistruzione per l'Europa
Green Deal autodistruzione per l'Europa © Licenza Creative Commons

Nel commentare il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito la linea di Bruxelles per procrastinare l’impegno del continente contro l’inquinamento e il cambiamento climatico. A Washington il presidente Donald Trump ha fatto a pezzi il Green Deal nel primo giorno in cui è tornato alla Casa Bianca. Lo aveva promesso e lo ha fatto. Sono stati bloccati 300 miliardi di dollari di investimenti stanziati dall’amministrazione Biden in favore delle energie rinnovabili.

Il mantra del nuovo corso è “drill, baby, drill”. E il tycoon lo ha ripetuto nel suo discorso subito dopo il giuramento.

Green Deal dannoso per UE, meno per USA

L’aspetto più paradossale di questa vicenda è che il Green Deal ha fatto molti più danni all’Europa che non all’America. Dotata di petrolio e gas, oltre alle centrali nucleari, la seconda ha potuto schivare gli aumenti delle bollette per l’energia. Le estrazioni di idrocarburi sotto Joe Biden sono salite ai massimi storici, superando il precedente picco pre-Covid registrato sotto Trump. E la rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali tra Unione Europea e Russia ha consentito agli States di trasformarsi in un nostro primario fornitore di gas naturale liquido.

Il cattivo affare lo ha fatto proprio Bruxelles, imponendo agli stati comunitari un’agenda ideologica del tutto sconnessa dalla realtà. Il Green Deal per noi 450 milioni di consumatori si è tramutato in un maxi-aumento delle bollette di luce e gas, in un mercato dell’auto “congelato” e un’industria a pezzi. A rischio vi sono milioni di posti di lavoro, mentre già l’inflazione ha divorato ovunque nell’area i bilanci familiari. Sul piano geopolitico, poi, stiamo tendendo verso uno scenario di dipendenza strategica dalla Cina, la quale dispone delle materie prime indispensabili per la transizione energetica.

Stallo su elezioni tedesche

L’ostinazione con cui la Commissione si mostra intenta a portare avanti le vecchie regole, che tra l’altro impongono l’elettrico quale unica tecnologia per le auto dal 2035, non è solo figlia di cecità. Il problema è politico. La fine del Green Deal potrà essere annunciata solo dopo le elezioni federali in Germania, fissate anticipatamente per il 23 febbraio. Dopodiché bisognerà attendere la nascita del prossimo governo. Per i sondaggi il cancelliere sarà il conservatore Friedrich Merz, ma restano forti dubbi sui suoi possibili alleati. Non avendo quasi certamente i numeri per governare da solo, si accorderà con i socialdemocratici di Olaf Scholz o con i Verdi di Robert Habeck e Annalena Baerbock? O si guarderà alla sua destra, aprendo agli innominabili dell’AfD di Alice Weidel, la cui partecipazione al giuramento di Trump ha avuto il sapore della piena legittimazione alla Casa Bianca?

Rebus alleanze in Germania

Per Bruxelles l’una opzione non vale l’altra. Una Grosse Koalition CDU/CSU-SPD consentirebbe a Berlino di rivedere il Green Deal in alcuni punti, limitando i danni per l’industria e i costi per le famiglie. Una maggioranza “nero-verde”, invece, apporterebbe modifiche assai limitate al piano. E questo è il principale motivo per cui si levano voci preventivamente contrarie ad un accordo simile tra i conservatori bavaresi. Infine, un’alleanza “nero-blu” smantellerebbe senza limitazioni le politiche ambientali della coalizione “semaforo”. Di riflesso, la musica cambierebbe del tutto anche a Bruxelles.

Merz vuole il ritorno della Germania al nucleare, così come l’AfD. Non chiude alle energie rinnovabili, ma punta alla “neutralità tecnologica”, come già i popolari all’Europarlamento invocano, in accordo con le formazioni alla loro destra. Ma per capire chi governerà con chi, probabilmente dovremo attendere fino a primavera inoltrata. Possiamo permetterci di perdere altri mesi preziosi per cambiare eventualmente rotta? L’incertezza aggrava la crisi dell’economia tedesca ed europea.

Se non sappiamo cosa resterà del Green Deal, come possiamo decidere sui nostri consumi e investimenti?

Green Deal, riflessi su politica europea

Non è da escludere che la gravità della situazione, specie con la minaccia trumpiana sui dazi, spinga la politica tedesca ad accelerare i tempi decisionali, i quali sono tradizionalmente lunghi. Merz ha fretta di mostrarsi un cancelliere di rottura non solo con l’attualità di Scholz, ma anche con l’eredità devastante di Angela Merkel e verso la quale ha sempre preso le distanze. Sul Green Deal si decidono le sorti anche della politica continentale. Un suo smantellamento spingerebbe di fatto la sinistra all’opposizione della Commissione, mentre segnerebbe la nascita di una maggioranza più stabile tra popolari, conservatori e patrioti. C’è stata qualche avvisaglia in tal senso negli ultimi mesi, ma la vera svolta passerebbe per Berlino.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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