Non si è ancora conclusa l’epoca delle penalizzazioni sugli assegni pensionistici per chi anticipa l’uscita dal lavoro. Molte misure di pensionamento anticipato, infatti, prevedono penalizzazioni per i pensionati. Tuttavia, da qualche anno a questa parte sembra che il sistema previdenziale sia entrato in una nuova fase: l’era degli incentivi a restare al lavoro anziché andare in pensione. Un esempio è il bonus Maroni.
Due rovesci della stessa medaglia
Si tratta pur sempre di disincentivi al pensionamento, nel senso che, pur varando misure per uscire dal lavoro in anticipo, si cerca di renderle il meno appetibili possibile.
Tutto ciò avviene a vantaggio delle casse dello Stato, sempre più in difficoltà, e della sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Ma ora vediamo, per le pensioni 2025, quanto vale il premio per chi rinvia la pensione pur avendo maturato i requisiti. In pratica, calcoliamo il cosiddetto bonus Maroni.
Pensioni 2025, ecco quanto vale il premio per chi rimanda la pensione con il bonus Maroni
Lo chiamano bonus Maroni, in modo improprio, visto che fu introdotto durante un governo Berlusconi di diversi anni fa, quando Ministro era il compianto Roberto Maroni, tra i massimi esponenti della Lega dell’epoca. Oggi, si continua a definire così qualsiasi misura che preveda un incentivo (sotto forma di maggior stipendio) per chi, pur avendo raggiunto i requisiti per la pensione, decida di restare al lavoro.
Un bonus sotto forma di sgravio contributivo sul lavoro, già in vigore in altre occasioni. Nel 2024, ad esempio, si applicava a chi raggiungeva 62 anni di età e 41 anni di contributi (in pratica la quota 103). Chi aveva maturato quota 103 poteva scegliere di proseguire l’attività lavorativa, anziché pensionarsi, e usufruire così di uno sgravio. Nel 2025, la stessa logica, con modalità identiche a quelle della quota 103, si estende anche alla pensione anticipata.
Incentivo a restare in servizio, tutto sul nuovo bonus Maroni
L’incentivo disponibile oggi è rivolto a coloro che hanno compiuto 62 anni di età e 41 anni di contributi (quota 103), ma anche a chi ha raggiunto 42 anni e 10 mesi (uomini) o 41 anni e 10 mesi (donne) per la pensione anticipata ordinaria. Tale misura prevede vantaggi fiscali per i lavoratori dipendenti. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nella relazione alla legge di Bilancio, ha analizzato anche questo sgravio, evidenziando che l’aumento in busta paga – dovuto alla mancata richiesta di pensionamento – varia tra settore privato e settore pubblico.
- Settore privato: 9,19%
- Settore pubblico: 8,85%
Il surplus mensile non è assoggettato ad IRPEF: in pratica, rimandare la pensione si traduce in un netto maggiore. Tuttavia, va considerato che, non uscendo dal lavoro, si versano meno contributi.
Non si possono paragonare le vecchie misure con le nuove, ecco i pro e i contro del premio a restare al lavoro
L’aumento di stipendio derivante dal bonus introdotto con la legge di Bilancio 2023, sempre nell’ambito di quota 103, non era esente da imposte. Inoltre, nel 2024, con il taglio del cuneo fiscale, c’era chi già godeva di una riduzione (6% o 7%) dei contributi. Dunque di fatto pagava meno delle percentuali sopra citate. Per questo, il bonus Maroni attuale risulta più vantaggioso rispetto al passato.
Va detto, però, che definire l’attuale sgravio con il nome bonus Maroni non è del tutto corretto, poiché la misura originaria, introdotta oltre vent’anni fa da un governo Berlusconi, era molto più generosa: prevedeva di incassare come netto in busta paga tutta la contribuzione previdenziale, sia a carico del dipendente che a carico del datore di lavoro (pari, complessivamente, a circa il 33% per il FPLD). Se fosse così anche oggi, lo sgravio 2025 arriverebbe a un 33% complessivo, ben oltre le percentuali attuali.