Che qualcosa si stesse muovendo nel panorama bancario italiano lo si era compreso. Ma l’offerta di scambio totalitaria lanciata nella notte da Monte Paschi di Siena (MPS) sulle azioni Mediobanca è una mossa inattesa. Il Consiglio di Amministrazione straordinario propone agli azionisti di Piazzetta Cuccia 2,30 azioni MPS per ogni 1 azione Mediobanca portata in adesione. La valutazione implicita di quest’ultima è di 13,3 miliardi di euro, con il titolo a 15,992 euro, a premio del 5,03% rispetto alla chiusura di ieri.
Offerta di MPS a Mediobanca dopo la privatizzazione
Secondo Luigi Lovaglio, amministratore delegato di MPS, l’integrazione porterebbe a sinergie ante imposte di 700 milioni, di cui 300 milioni da ricavi, 300 milioni da costo e 100 milioni da funding.
Per capire come siamo arrivati a questa mossa di MPS su Mediobanca dobbiamo fare un passo indietro alla terza e finora ultima quota del Tesoro venduta e pari al 15% del capitale di Siena. Siamo a novembre e il completamento della privatizzazione sancisce l’ingresso di Banco BPM con il 5%, nonché la salita di Anima dall’1% al 4%. Quest’ultima era già oggetto di un’Offerta Pubblica di Acquisto da parte di Piazza Meda, che la controlla con il 22,5%. Altri due soci facevano ingresso con il 2,5% ciascuno in Rocca Salimbeni: Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio. Nel frattempo, i due hanno accresciuto le rispettive quote al 5,02% e 9,78%.
Ancora prove di terzo polo
L’ipotesi iniziale era un’integrazione tra MPS e Banco BPM per la nascita del cosiddetto “terzo polo” bancario. L’operazione era stata orchestrata dal governo, la cui presenza nel capitale di MPS all’11,7% rimane. Obiettivo: privatizzare la banca senese, lasciandola in mani domestiche e salde. Salta tutto poche settimane dopo, quando Unicredit lancia un’Offerta Pubblica di Acquisto su Banco BPM e ribadisce che di MPS non ne vuole sapere.
E l’anno nuovo porta un’ennesima novità sul mercato finanziario italiano. Generali stringe un accordo con l’asset manager francese Natixis per creare una joint venture paritetica e finalizzata alla gestione del risparmio. La compagnia di Trieste apporterà 650 miliardi di masse, i francesi altri 1.250 miliardi. Nascerà un colosso europeo da circa 1.900 miliardi. Al governo non piace. Fiuta il rischio di un’ennesima fregatura rifilata dal sistema francese ai danni del tessuto finanziario e industriale italiano. Generali è controllata da Mediobanca con il 13,10%. Scalare la seconda per controllare la prima farebbe saltare l’affaire Natixis.
Caltagirone e Del Vecchio alleati contro Generali
Chi sono gli altri soci di Generali e Mediobanca? Ritroviamo tra questi sempre Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, entrambi all’opposizione nelle due realtà e contrari all’intesa con i francesi. Nel dettaglio, Delfin possiede il 19,81% e Caltagirone il 7,76% di Mediobanca. In Generali posseggono rispettivamente il 9,93% e il 6,92%. Oltre non possono spingersi. Non essendo soggetti bancari, non possono salire fino ad ottenere quote di controllo. La Banca Centrale Europea ha negato loro tale opzione. Per questo hanno bisogno di sostegni per andare alla conquista di Piazzetta Cuccia e, quindi, anche del Leone di Trieste.
Cosa accadrebbe se l’operazione andasse in porto? Mediobanca risulterebbe, a quel punto, in mano ai due soggetti e il Tesoro deterrebbe anch’esso una quota del 4,65% nel gruppo nato dalla fusione. A valle, i due si ritroverebbero sempre con il 16,85% complessivo di Generali, ma a cui aggiungerebbero il 13,10% di Mediobanca. Si porterebbero a ridosso della soglia del 30%, di fatto riuscendo con qualche sostegno esterno a controllare anche la compagnia.
Offerta di MPS a Mediobanca, successo o flop?
Serve, tuttavia, che l’operazione tra MPS e Mediobanca vada in porto.