Immigrazione dannosa per la crescita, il cambio di linea di BlackRock sulle politiche woke

Fine delle politiche woke tra tutte le grandi multinazionali americane e persino BlackRock cambia linea sull'immigrazione.
1 giorno fa
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Fine delle politiche woke
Fine delle politiche woke © Licenza Creative Commons

Gli applausi scroscianti dei big della Silicon Valley al presidente Donald Trump per il giuramento del 20 gennaio scorso hanno decretato nella forma e nella sostanza la fine delle politiche woke. Tutti i principali sostenitori di quelle iniziative volte (a parole) a combattere per l’inclusione, la difesa della diversità e l’ambiente hanno mutato radicalmente idea neanche il tempo di assistere al cambio della guardia alla Casa Bianca. Da liberal sfegatati al ritorno alla normalità è stato un attimo e senza battere ciglio. Ma l’impresa più impossibile è stata realizzata da Larry Fink. Moltissimi di noi neanche lo avremo mai sentito nominare nella nostra vita, eppure si tratta di uno degli uomini più potenti del globo. Non fosse altro perché è l’amministratore delegato di BlackRock, primo fondo d’investimento al mondo con masse gestite per 11.500 miliardi di dollari, circa 5 volte il Pil italiano.

Fuga dal mondo liberal

Fink è stato – passateci il termine – il grande sacerdote delle politiche woke. Attraverso il fondo ha imposto per anni nei CDA delle società partecipate le istanze liberal, le quali hanno preso la denominazione di ESG (Environmental, Social and corporate Governance). Per questo era finito nel mirino dei repubblicani, che da anni lamentavano come BlackRock decidesse in maniera ideologica sull’impiego dei risparmi degli americani.

E le sue politiche hanno avuto un impatto tendenzialmente negativo sulle economie di diversi stati USA, a causa della fuga imposta dai settori oil & gas, ecc. Per questo, 11 procuratori di stato avevano denunciato il fondo insieme a State Street e Vanguard per pratiche ostili alla concorrenza.

E’ accaduto quello che nessuno avrebbe immaginato. Link non solo ha smesso i panni del sacerdote, ma sta picconando le politiche woke dalle basi. Anzitutto, BlackRock ha annunciato a inizio mese di uscire dal Net Zero Asset Managers Initiative, un club fondato dai gestori del risparmio e che persegue obiettivi di sostenibilità ambientale. Già questo era stato un colpo ai sostenitori del green. Ma il peggio per il mondo liberal è arrivato la scorsa settimana.

Link abbatte i dogmi sull’immigrazione

Partecipando al World Economic Forum di Davos, Link ha cambiato radicalmente idea su un altro tema iper-sensibile: l’immigrazione. Non solo non è più ritenuta fonte di crescita per le economie mondiali. Al contrario, egli ha sostenuto che le economie “xenofobe” come Cina, Giappone e Corea del Sud, cresceranno di più in futuro. E sapete perché? Punteranno più sull’Intelligenza Artificiale e investiranno nelle tecnologie, mentre coloro che si affideranno agli immigrati, di fatto punteranno sulla manodopera a basso costo e, quindi, sulla bassa produttività.

Il ragionamento di Fink è tutt’altro che scandaloso. Il punto è un altro: egli ha fatto parte fino a poche settimane fa di quel capitalismo che abbracciava senza tentennamenti i dogmi delle politiche woke, salvo adesso smontare le tende e tornare ad analisi più razionali, anche se probabilmente meno chic. Chi pensa che le multinazionali si siano piegate a Trump, sbaglia. Il potere economico può certamente temere quello politico, ma fino ad un certo punto. I governi passano, le aziende restano. La verità è che tycoon come Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e lo stesso Fink a quanto pare aspettassero solamente un pretesto per abbandonare pratiche divenute insostenibili sul piano economico e persino mediatico.

Fine politiche woke dopo anni di forte scontro

Trump stesso ha vinto le elezioni promettendo lo smantellamento delle politiche woke, che partendo da premesse in alcuni casi condivisibili, hanno estremizzato concetti e iniziative fino a portare a un forte scontro nelle società occidentali. E la classica distinzione tra destra e sinistra spiega poco. Quella in corso è la liberazione da una cappa autoritaria che stava danneggiando lo stesso capitalismo nel nome dell’egualitarismo sragionato e della negazione della storia.

Le aziende stanno già tornando al passato, al business slegato dalle ideologie e più attento d’ora in avanti a non inseguire mode che possano rivelarsi altamente divisive. L’uovo oggi può costare la gallina domani. Alcuni colossi lo hanno compreso sulla loro pelle.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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