Maxi-rialzo per il cambio tra rublo e dollaro nella seduta odierna. La valuta emergente mette a segno un guadagno del 2,55% e si porta ai massimi da fine settembre sul biglietto verde. Il rapporto è al momento di 94 rubli per un dollaro, giù dai quasi 112 rubli necessari all’inizio dell’anno, rispetto a quando si registra un apprezzamento del 16%. Il boom di queste ore è legato alla liberazione di Marc Fogel, un insegnante americano detenuto in Russia con l’accusa di possesso di droga. Il suo rilascio fa intravedere un disgelo nelle relazioni diplomatiche tra Mosca e Washington.
Distensione USA-Russia
Durante lo scorso fine settimana, il presidente americano Donald Trump ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo russo Vladimir Putin. Adesso, il Cremlino annuncia il rilascio di un altro prigioniero americano. Anche se la fine o il solo allentamento delle sanzioni occidentali appaiono lontani, si respira un clima di parziale distensione tra le due parti. Già a febbraio si potrebbe tenere un vertice tra Trump e Putin con l’obiettivo di fissare le tappe per la fine della guerra in Ucraina.
Il cambio del rublo si avvantaggia proprio di questo clima, anche se resta del 20% più debole rispetto a prima della guerra. E c’è da dire che il suo recente rafforzamento è almeno in parte dovuto agli sforzi della Banca di Russia di sostenerlo. Nei giorni scorsi, ha annunciato l’aumento delle vendite di riserve valutarie del 17% dal 7 febbraio e per 5,56 miliardi di rubli al giorno. L’istituto continua altresì ad alzare i tassi di interesse, saliti ormai al 21% contro un’inflazione a dicembre del 9,5%.
Cambio rublo sostenuto anche da petrolio
Gli alti tassi reali puntano a frenare il deflusso dei capitali, tra l’altro offrendo sostegno proprio al cambio del rublo. Esso trova supporto anche dalla risalita delle quotazioni petrolifere nelle ultime sedute. La Russia è una potenza esportatrice di greggio. Le sanzioni hanno di recente potenziato l’embargo sui suoi prodotti energetici. Il mercato sta scontando un loro allentamento nel lungo periodo. Quand’anche le relazioni con l’Occidente non tornassero nei prossimi anni a quelle pre-belliche, sarebbe pur sempre un passo in avanti. Tra l’altro resta dirimente la questione del “congelamento” delle riserve valutarie russe per circa 300 miliardi di dollari, perlopiù detenute in Europa.