Il caro bollette torna a preoccupare famiglie e imprese dopo che pensavamo di essercelo messo alle spalle. Nel mese di febbraio, il costo dell’energia è salito del 66% su base annua e del 5,7% rispetto alla media di febbraio. Questo significa solo una cosa: stangata per i consumatori e costi di produzione in aumento, specialmente per le imprese cosiddette “energivore”. Ed ecco che si torna a parlare di decoupling o “disaccoppiamento” per dirla in italiano. Le opposizioni la reclamano e il governo punta a dare qualche risposta al prossimo Consiglio dei ministri, perché dal contrasto al caro energia passa la salvaguardia di quel minimo di crescita attesa per l’economia italiana.
Decoupling, cos’è e come funziona
Che cosa significa decoupling? S’intende letteralmente a una separazione. Tra cosa? Il prezzo del gas e quello generale per l’energia elettrica. Dobbiamo sapere che il prezzo dell’energia si forma quotidianamente in borsa dall’incontro tra domanda e offerta. Quando i consumi salgono, come nei mesi invernali, naturalmente il prezzo tende a lievitare se l’offerta resta invariata. Viceversa, quando arrivano i mesi con un clima più temperato come la primavera e in estate.
Quello che molti di noi non sanno, però, è che il prezzo dell’energia viene fissato secondo il criterio del costo marginale. In che senso? Per produrre energia sono possibili diverse fonti: gas, eolico, solare, geotermico, idroelettrico, ecc. Ciascuna di queste fonti ha un costo. Tipicamente, produrre energie rinnovabili costa meno. Ma il prezzo si determina in borsa con riferimento al costo marginale più elevato. E questo è diventato negli ultimi anni proprio del gas. Prima della guerra in Ucraina, questa materia prima ci costava in media tra 15 e 30 euro per Mega-wattora. Al momento, si attesta sui 50 euro, ma considerate che nell’agosto del 2022 arrivò al record di sempre di 340 euro.
Premiate fonti rinnovabili
Accade, quindi, che una compagnia produca a costi molto inferiori a quelli del gas, riuscendo così a maturare elevati profitti. Tutto perfettamente legale. Qual è stata la ratio di una modalità di fissazione del prezzo in vigore in tutta Europa? Premiare la produzione di fonti rinnovabili, che sono anche a basso costo. In questo modo, si pensava che si sarebbe accelerata la transizione energetica. La realtà è ben diversa. Il prezzo unico genera inefficienze, perché fa ricadere sui consumatori extra-costi di cui potrebbero fare volentieri meno. Le altre fonti stesse non sono incentivate a loro volta a diventare più efficienti, godendo comunque di un ampio margine di guadagno.
In cosa consisterebbe il decoupling? Nel disaccoppiare il prezzo del gas da quello delle altre fonti di energia. In questo modo, il costo marginale si abbasserebbe e con esso le bollette. Il problema è che questo discorso non lo si può affrontare su base nazionale, perché il funzionamento delle singole borse europee risulta sempre più integrato. L’Italia finirebbe per staccarsi dal resto dell’Unione Europea riguardo al mercato dell’energia. La questione è geopolitica e se ne discute (inutilmente) da tre anni. Alcuni stati comunitari si mettono di traverso all’ipotesi del decoupling, tutelando gli interessi delle proprie compagnie domestiche.
UE ignora caro bollette
Questo è uno degli esempi lampanti dell’irrilevanza dell’UE nella risoluzione di problemi avvertiti da centinaia di milioni di persone e dal mondo delle imprese. Anziché provvedere a una soluzione, Bruxelles si gira dall’altra parte, finendo per rendere molto impopolare il pur giusto sostegno all’Ucraina contro l’invasione russa. Le famiglie lo percepiscono come un costo che ricade sulle loro tasche di bolletta in bolletta. Come se non bastasse, l’UE ci mette il carico con le aste ETS, cioè lo scambio in borsa dei diritti per inquinare e il cui costo sale di anno in anno per effetto della riduzione dell’offerta complessiva decisa dalla Commissione. Risultano particolarmente penalizzate proprio le compagnie energetiche, costrette così a scaricare sugli utenti altri costi extra.
In questi anni si è fatto poco per ridurre l’impatto di queste misure autolesionistiche. E’ stato imposto un tetto al prezzo del gas, ma giustamente a livelli tali da non disincentivarne l’offerta. Sul piano nazionale, però, le misure strutturali per calmierare le bollette non sono possibili. Il governo potrà eventualmente accollarsi il costo degli ETS e quello dell’energia nel suo complesso per le famiglie a basso reddito. Servono miliardi di euro e si rischia di incoraggiare i consumi, perpetuando il caro bollette. Il decoupling potrebbe arrivare solamente da una decisione comunitaria, che non è nell’aria. Dopo 3 anni siamo punto e a capo. L’UE non esiste quando serve ed esiste fin troppo quando non dovrebbe.
Decoupling difficile da realizzare
Dobbiamo rassegnarci a spegnere la luce e a tollerare di più le temperature fredde? La nostra speranza si chiama Ucraina. Il solo avvio dei negoziati di pace ha abbassato di quasi il 20% nelle ultime sedute il prezzo del gas alla Borsa di Amsterdam. Dopodiché il governo sta cercando di azzerare il sovraprezzo sulla borsa italiana rispetto al mercato olandese, che si aggira in media sui 2 euro per Mega-wattora. Ma ai valori attuali, parliamo di un potenziale risparmio del 3-4%.
Qualcosa, ma nulla di eclatante. Se la pace arriverà a Kiev, aspettiamoci un tracollo delle quotazioni anche per i prossimi anni. E le imprese potrebbero cautelarsi acquistando i futures del gas per i prossimi anni possibilmente a forte sconto rispetto ai prezzi spot, così da mettersi al riparo da possibili sorprese sul fronte geopolitico a breve e medio termine. Sul decoupling non riponiamo aspettative credibili.
considerate tutte le voci in bolletta a partire da iva finendo con canone tv sentire che i governanti lavorano per aiutarvi fa ridere anche i polli…