La Grosse Koalition in Germania da sola non potrà aumentare gli investimenti pubblici

Tutti guardano a Berlino dopo le elezioni federali in Germania di domenica scorsa e sperano che aumenterà gli investimenti pubblici. Il rischio di delusione è dietro l'angolo.
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Investimenti pubblici in Germania a rischio
Investimenti pubblici in Germania a rischio © License Creative Commons

I mercati sono stati contrastati ieri in Europa dopo le elezioni federali in Germania. E hanno avuto ragione a non entusiasmarsi della vittoria di Friedrich Merz. Il candidato conservatore succederà certamente a Olaf Scholz nel giro di qualche mese e si spera che sia capace di risollevare l’economia tedesca anche ricorrendo a una massiccia dose di investimenti pubblici. La coalizione “semaforo” era collassata a novembre proprio su questo tema/tabù: l’aumento del debito. Il cancelliere uscente pretendeva di violare la regola costituzionale del “freno al debito” o “Schuldenbremse”, mentre il ministro delle Finanze e leader (ora dimissionario) dei liberali, Christian Lindner, si opponeva.

Alla fine, i liberali sono stati estromessi dall’esecutivo e sono rimasti fuori dal Bundestag. Non hanno superato la soglia di sbarramento del 5%.

Freno al debito e obbligo del pareggio di bilancio

Alla Germania servono maggiori investimenti pubblici per potenziare le infrastrutture, non degne della terza economia mondiale. E ci sono anche le spese per il riarmo da finanziare. L’esercito tedesco è sottodimensionato e mal equipaggiato. Un po’ per gli scarsi stanziamenti dei decenni passati, un po’ per il retaggio post-bellico. Ma nel 2009 l’allora coalizione di centro-destra retta da cristiano-democratici e liberali, guidata da Angela Merkel, introdusse nella Grundgesetz una norma per evitare l’aumento del debito. Ogni anno, lo stato tedesco può spendere entro i limiti di quanto incassa, sforando al massimo per lo 0,35% del Pil.

Grazie a questa norma, la Germania negli anni successivi avrebbe non soltanto raggiunto il pareggio di bilancio o “Schwarze Null”, ma registrato anche avanzi fiscali.

Il rapporto tra debito e Pil che aveva toccato il massimo all’82% nel 2012, sarebbe sceso sotto il 60% nel 2019. Oggi si aggira a circa il 63%. Questa norma è stata sospesa durante il Covid fino a tutto il 2023. Il governo uscente ha pasticciato parecchio con i conti pubblici. La Corte dei Corti (Bundesrechnungshof) l’ha colto con le mani nella marmellata, scoprendo che aveva occultato ben 869 miliardi di euro di spese pluriennali attraverso 29 “veicoli speciali” (Sondersvermoegen). Un’onta che molto probabilmente è costata la carriera politica a Lindner, che dopo il flop di domenica ha annunciato il suo ritiro a vita privata.

Che i conservatori di Merz vogliano aumentare gli investimenti pubblici in deficit, è qualcosa di clamoroso. Sono stati ad oggi i più strenui sostenitori del “freno” costituzionale. Tuttavia, stanno subendo forti pressioni dall’establishment economico per reagire a due anni di Pil in calo. Tra fine dell’energia a basso costo e mercati di sbocco che si stanno chiudendo, serve sostenere la domanda interna. Le famiglie tedesche contribuiscono al Pil con i loro consumi per poco più del 50%. Quelle americane sfiorano il 70%, le italiane il 60%.

Bundestag, distribuzione seggi con elezioni 23 febbraio 2025
Bundestag, distribuzione seggi con elezioni 23 febbraio 2025 © License Creative Commons

Regola costituzionale in mano alle opposizioni

Tar il dire e il fare, però, ce ne corre. Per aumentare gli investimenti pubblici in deficit serve riformare la Costituzione.

E il problema per Merz è la sua vittoria a dir poco striminzita. Ha riportato appena il 28,5% dei consensi, il secondo dato più scarso dal 1949 dopo quello dell’SPD di Scholz nel 2021. Ha conquistato 208 seggi su 630. Gli servono i 120 seggi socialdemocratici per ottenere la maggioranza assoluta al Bundestag. Non bastano per riformare la Carta, essendo necessari i due terzi dei voti. In pratica, 420 seggi. E qui arriva la brutta notizia per lui e chi spera in una svolta di politica economica in Germania: AfD e Linke messi insieme dispongono della cosiddetta “minoranza di blocco”. In pratica, da sole e anche se i Verdi votassero insieme con la maggioranza, riuscirebbero a bocciare la riforma.

Nel dettaglio, l’AfD ha conquistato 152 seggi, arrivando secondi e dietro solo ai conservatori, e la Linke 64. In realtà, quest’ultima è una formazione della sinistra post-comunista, favorevolissima alla riforma. Ma non ne condivide gli obiettivi. I suoi leader hanno ribadito che sosterranno la modifica solo a patto che a salire sia la spesa sociale, non quella per il riarmo o gli aiuti all’Ucraina. L’AfD è formazione dell’ultra-destra contrarissima all’aumento del debito, sia agli aiuti all’Ucraina. Entrambe dall’opposizione hanno convenienza a far fallire l’ennesima Grosse Koalition. Ciascuno tirerebbe così acqua al proprio mulino elettorale. E avrebbero la scusa perfetta per bocciare la riforma costituzionale.

Investimenti pubblici difficili anche con nuovo governo

A questo punto, Merz avrebbe solamente un’alternativa: invocare la sospensione della norma per una “situazione di emergenza straordinaria”. Come avvenne tra il 2020 e il 2023 per la pandemia. I tedeschi, però, non sono inclini a forzare le regole o a trasgredirle in maniera palese. Il prossimo cancelliere rischia di trovarsi scoperto a destra sulle critiche che gli pioverebbero addosso se aumentasse il debito contro la Costituzione e con un escamotage. Di aumentare gli investimenti pubblici tagliando altre voci di spesa, invece, appare per il momento impensabile. In primis, perché l’economia tedesca è in recessione. Secondariamente, perché i quasi certi alleati socialdemocratici non si suiciderebbero elettoralmente per agevolare il cammino di governo al loro avversario.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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