Il vertice di Londra sull’Ucraina tra Unione Europea e Regno Unito ha confermato la necessità avvertita nel nostro continente di procedere al riarmo. Le parole della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sono andate esattamente in questa direzione e sono state esplicite. L’Europa non può più confidare sugli Stati Uniti sulla propria sicurezza dopo che il presidente Donald Trump ha chiarito di non essere disposto a garantirla senza una compartecipazione all’onere. Uno scenario che lascia immaginare una politica monetaria tendenzialmente più espansiva per i prossimi anni.
Ricorso al debito rischioso per conti pubblici
Riarmo significa aumento della spesa per la difesa.
E poiché appare politicamente poco sostenibile, specie in un periodo di bassa crescita come questo, che risulti coperto da tagli ad altre voci dei bilanci nazionali come il welfare, nei prossimi anni ci attenderà un maggiore ricorso al debito. Persino la Germania sta cambiando approccio su questo tema. Il cancelliere in pectore Friedrich Merz parla di 200 miliardi di investimenti per il riarmo tedesco e che sarebbero possibili allentando la regola costituzionale sul “freno al debito” (“Schuldenbremse”).
Più debiti sono anche maggiore spesa per interessi. Anche se la Commissione decidesse molto presto di attivare la clausola di salvaguardia per scomputare gli investimenti per la difesa dal Patto di stabilità, i costi a carico degli stati rimarrebbero intatti. Quanto agli Eurobond per la difesa, ad oggi non esiste un’intesa tra i governi. Sarebbero ulteriore debito comune, che finirebbe per ingolfare il mercato dei bond. I rendimenti nazionali, a parità di domanda, salirebbero. Per evitare questo scenario, la Banca Centrale Europea (BCE) verrebbe chiamata a chiudere un occhio sull’inflazione.
Come? Attraverso una politica monetaria più espansiva. Tradotto: tassi di interesse più bassi.
BCE costretta a realismo politico
Qui, si pone un problema di natura legale. La BCE ha per mandato il mantenimento della stabilità dei prezzi, che si sostanzia in un’inflazione annuale del 2%. Già oggi siamo oltre quel target, nonostante il maxi-rialzo dei tassi negli anni passati. E con l’euro debole e il caro bollette c’è il rischio che l’inflazione salga ulteriormente. La consigliera tedesca Isabel Schnabel avverte che l’istituto dovrebbe quanto prima avviare una discussione su quando cessare il taglio dei tassi. Il raggiungimento del tasso “neutrale”, che rende la politica monetaria né espansiva e né restrittiva, sarebbe vicino e atteso al 2%.
Verso allentamento della politica monetaria?
Ma alla BCE s’imporra una dose di realismo. I governi avranno bisogno di indebitarsi per il riarmo senza costi eccessivi. Altrimenti, a rischio vi è la stabilità fiscale. In uno scenario di fatto bellico, gli schemi tendono a saltare. Dopo “vogliamo la pace o i condizionatori accesi?” saremo chiamati a scegliere tra sicurezza e stabilità dei prezzi. “Se vuoi la pace, prepara la guerra” ammonivano i latini. E la preparazione della guerra passa per massicci investimenti pubblici, che a loro volta richiederanno l’allentamento della politica monetaria.
Nessuna vera novità; se vogliamo, è il “new normal” post-Covid. Tutti i governi fanno debiti da anni senza che gli indicatori degenerino, “grazie” all’alta inflazione.