Non c’è più spazio nell’Unione Europea per gli idealismi bambineschi di certa politica gretina. La corsa al riarmo è stata già annunciata da Londra, dove si sono riuniti i leader europei l’altro ieri per mettere a punto una strategia con cui accrescere la propria indipendenza militare dagli Stati Uniti. Poche ore più tardi l’annuncio di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea: gli obiettivi sulle emissioni di CO2 per le case automobilistiche saranno spalmati in 3 anni e non più valutati con cadenza annuale. Poco prima era giunto un comunicato del Partito Popolare Europeo, il gruppo politico maggiore nell’Europarlamento, per chiedere a Bruxelles di rimuovere l’obiettivo “irrealistico” del divieto dal 2035 di vendere esclusivamente auto elettriche.
Cambio di paradigma in corso a Bruxelles
E’ la fine del Green Deal di Frans Timmermans, socialista olandese ex numero due di von der Leyen, artefice di una politica ambientalista giudicata disastrosa da buona parte degli stessi governi, i quali da mesi puntano a smantellarla nel nome del realismo. La corsa al riarmo non può tollerare gretinismi di sorta, che si sono già tradotti in una battuta d’arresto per l’economia continentale e nel collasso del comparto auto. Si aspettava l’esito delle elezioni federali in Germania per capire come muoversi. Se il cancelliere in pectore Friedrich Merz avesse avuto bisogno anche dei Verdi per formare il nuovo governo, a Bruxelles il Green Deal sarebbe sopravvissuto a modiche profonde. Ma gli basteranno i voti dei socialdemocratici. Essi hanno altre idee per la testa che non di difendere le impopolari politiche ambientaliste che ne ne hanno affossato il consenso.
La corsa al riarmo presuppone centinaia di miliardi di euro in investimenti per la difesa. Debiti nuovi, che si andranno a sommare a quelli vecchi. Nella sola Germania ammonterebbero a non meno di 200 miliardi. Questo indurrà i governi a stringere la cinghia sulle altre voci di spesa, cioè i servizi ai cittadini come scuola, sanità, pensioni, assistenza sociale, ecc. Se già il cambio di paradigma rischia di rivelarsi impopolare dopo decenni di propaganda pacifista propinata dagli stessi partiti che oggi riconoscono la necessità di aumentare la spesa militare, figuratevi con quale faccia potrebbero chiedere al contempo ai cittadini nuovi sacrifici nel nome dell’ambiente e dall’efficacia tra il risibile e il nullo.
Corsa al riarmo avanza ai danni del Green Deal
La fine del Green Deal era scritta nell’esito delle elezioni europee del giugno scorso. Le formazioni di centro-sinistra sono arretrate, mentre quelle di centro-destra tutte avanzate. Gli elettori hanno bocciato a tutti i livelli le politiche ambientaliste, tra cui in Germania appena due domeniche fa. Ma è la corsa al riarmo ad assestare il colpo definitivo. Cambiano drammaticamente e repentinamente le priorità del continente. Non c’è più spazio per perdite di competitività che danneggino le produzioni europee e la crescita del Pil. D’ora in avanti le parole d’ordine saranno deregolamentazione, semplificazione e innovazione tecnologia.
Tutto nel quadro di una maggiore sicurezza a colpi di investimenti pubblici. E’ finita l’era delle marce contro l’inquinamento, dei blocchi stradali e degli imbrattamenti tollerati da governi compiacenti e che hanno puntato a deviare l’attenzione mediatica dal declino di un continente resosi insignificante agli occhi del pianeta.