Si fa un gran parlare di misure di pensionamento anticipato differenziate in base al lavoro svolto. Nel sistema previdenziale italiano esistono già diverse disposizioni che, in base al mestiere, consentono di accedere a un pensionamento anticipato altrimenti irraggiungibile.
Il problema di fondo è stabilire chi debba definire i parametri per considerare un lavoro così logorante da permettere a chi lo svolge di andare in pensione prima. In passato, su questo tema ci sono state numerose discussioni, poiché la scelta di considerare un lavoro gravoso e un altro no può generare polemiche.
Un esempio emblematico è quello di cui parliamo oggi: la proposta di consentire il pensionamento in determinati settori a partire dai 60 anni, poiché le condizioni di lavoro e le problematiche variano da settore a settore.
Lavoro pesante? Ecco quello che dovrebbe permettere la pensione a 60 anni
Si può andare in pensione prima in base al lavoro svolto? Alcune misure lo permettono già. Ad esempio, esiste l’APE sociale, che consente di uscire a 63 anni e 5 mesi di età con 36 anni di contributi, purché si rientri in una delle 15 categorie di lavoro gravoso previste (dagli edili ai facchini, dagli infermieri alle ostetriche, ecc.). Poi c’è la Quota 41 per i precoci, che non ha limiti anagrafici e può essere sfruttata sia dagli stessi addetti ai lavori gravosi dell’APE sociale, sia da chi svolge un lavoro usurante.
In quest’ultimo caso, parliamo delle stesse categorie cui è destinato lo scivolo usuranti, una misura che permette di uscire dal lavoro a 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi, per chi svolge mansioni particolari (come i palombari) o più comuni (ad esempio, operai sulla catena di montaggio o autisti di trasporto pubblico).
Requisiti diversi e regole diverse, ecco quando il lavoro incide sulla pensione
Le misure illustrate sono tutte forme di pensionamento con requisiti ed età differenti. Ma perché, in base al mestiere svolto, si dovrebbe poter lasciare il lavoro prima? Perché, di fatto, esistono lavori più o meno pesanti. Tutte le attività hanno le loro difficoltà, i loro pro e i loro contro, e solo chi le svolge conosce i problemi che possono insorgere se si prolunga eccessivamente la permanenza in quello specifico settore.
I rischi del mestiere cambiano da da lavoro a lavoro e per le pensioni dovrebbe contare qualcosa
Inoltre, esistono patologie fisiche e mentali che possono manifestarsi in modo diverso a seconda del tipo di occupazione. Secondo l’ANIEF (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), lavorare nella scuola può sembrare semplice, ma in realtà comporta stress e sindrome da burnout, problemi molto diffusi tra gli insegnanti e il personale scolastico.
Per questo, tali aspetti dovrebbero essere adeguatamente considerati, introducendo una misura che consenta di andare in pensione in anticipo in questo settore. La stessa ANIEF ha avviato una petizione, che ha già superato le centomila adesioni, basata su due punti fermi:
- pensione a partire dai 60 anni di età;
- riscatto gratis della laurea.
La petizione, le firme e perché la proposta piace
In molti hanno aderito alla proposta di ANIEF, a dimostrazione di quanto le sue basi siano sentite nel comparto scuola. Un settore colpito in maniera significativa dalla riforma Fornero, che ha innalzato i requisiti, prolungando sia l’età di uscita sia la contribuzione necessaria. La legge Fornero, infatti, non ha tenuto in considerazione il binomio pensione e lavoro svolto.
Se è vero che l’aumento dell’età pensionabile può essere giustificato dalla crescita dell’aspettativa di vita, non vale lo stesso discorso per l’inasprimento contributivo. Pensiamo a un docente, tipicamente laureato, che ottiene il titolo di studio intorno ai 25/26 anni: è evidente quanto risulti complicato accedere alle forme di pensione anticipata oggi disponibili.
Andare in quiescenza, ecco quando le misure anticipate non sono fruibili
Iniziando a lavorare a 26 anni (nella migliore delle ipotesi), se occorrono 43 anni di contributi per la pensione anticipata, spesso si superano ampiamente i 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia.
Inoltre, misure come la Quota 41 non sempre sono accessibili, poiché richiedono un notevole numero di anni di contribuzione. E, nel mondo scolastico, si applicano solo a determinate figure. Ad esempio, le maestre dell’infanzia.
Ecco perché la proposta di ANIEF punta a permettere la pensione a 60 anni a questi lavoratori. Includendo anche la possibilità di riscattare gratuitamente i periodi universitari. Questo riscatto senza oneri consentirebbe di includere gli anni di studio nel computo contributivo. Facilitando così l’uscita anticipata dal lavoro per gli insegnanti e il personale scolastico.