Pensioni da ricalcolare arrivati a 67 anni, ecco quando serve a prendere di più

Ci sono pensioni che sarebbe bene farsi ricalcolare una volta arrivati a 67 anni, ecco quando serve a prendere di più di trattamento.
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Ci sono pensioni che sarebbe bene farsi ricalcolare una volta arrivati a 67 anni, ecco quando serve a prendere di più di trattamento.
Foto © Pixabay

Una recente sentenza della Cassazione ha aperto alla possibilità di ricalcolare la pensione per alcuni contribuenti andati in pensione prima dei 67 anni. Una volta raggiunti i 67 anni, è possibile avvalersi di una norma che, prima di questa sentenza, non era presa in considerazione.

Questa novità è già stata affrontata in diversi nostri articoli, nei quali abbiamo spiegato in dettaglio di cosa si tratta. Ora, a conti fatti, il pensionato che ha usufruito della pensione anticipata e compie 67 anni può chiedere il ricalcolo della pensione, neutralizzando così i contributi dannosi inclusi per raggiungere i requisiti necessari per l’uscita anticipata.

A 67 anni, infatti, tali contributi non sono più utili ai fini della pensione di vecchiaia.

Ma attenzione a non fraintendere.

“Buonasera, avrei un quesito da porvi. Ho letto con molto interesse che a 67 anni è possibile chiedere il ricalcolo della pensione grazie a una sentenza recente, migliorando così l’importo anche per chi è già in pensione. Io sono andata in pensione con Quota 100 nel 2020 e adesso ho compiuto 67 anni. Mi consigliate il ricalcolo?”

Pensioni da ricalcolare a 67 anni: quando conviene farlo

La novità consente a chi è già in pensione di neutralizzare i periodi di lavoro che danneggiano il calcolo finale della prestazione pensionistica. Tuttavia, questa possibilità è riservata soltanto a chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996.

Infatti, nel sistema contributivo puro, che si applica a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995, non possono esserci periodi dannosi, poiché ogni contributo accantonato contribuisce direttamente al montante finale della pensione.

Diversa è invece la situazione per chi rientra nel sistema di calcolo misto, che comprende una parte retributiva.

In questo caso, la pensione viene calcolata prendendo come riferimento le ultime cinque annualità retributive.

È evidente, quindi, che se negli ultimi anni di carriera lo stipendio è stato più basso rispetto a quello percepito precedentemente, questi periodi possono penalizzare fortemente l’importo finale della pensione.

Cosa succede quando negli ultimi anni di lavoro lo stipendio cala

Quando un lavoratore deve raggiungere i requisiti per la pensione anticipata, il numero di anni di contributi richiesto è significativamente più alto rispetto a quello della pensione di vecchiaia. Chi, come la nostra lettrice, è andato in pensione con Quota 100, ha dovuto accumulare almeno 38 anni di contributi, probabilmente utilizzando tutti i periodi contributivi disponibili, indipendentemente dal loro valore.

A 67 anni, invece, per accedere alla pensione di vecchiaia sono sufficienti soltanto 20 anni di contributi. Ecco perché chi, all’epoca della pensione anticipata, ha dovuto includere periodi contributivi penalizzanti, oggi può eliminarli con il ricalcolo a 67 anni, ottenendo così una pensione più alta.

Lo stesso principio vale per chi ha utilizzato Quota 102, Quota 103, o la pensione anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi.

Non sempre sterilizzare i contributi porta a una pensione più alta

Cosa significa concretamente neutralizzare o sterilizzare i contributi? Nel sistema contributivo, la pensione si basa esclusivamente sui contributi versati durante la carriera lavorativa, accumulati nel cosiddetto montante contributivo. Più contributi si versano, più alta sarà la pensione.

Nel sistema retributivo, invece, la pensione si calcola basandosi sulle ultime retribuzioni percepite. Se queste ultime si sono ridotte da passaggi a part-time, periodi di cassa integrazione, disoccupazione o altre situazioni sfavorevoli tipiche degli ultimi anni lavorativi, possono verificarsi pensioni fortemente penalizzate. In questo caso, la legge permette di neutralizzare dal calcolo della pensione fino a un massimo di 5 anni contributivi dannosi.

Tuttavia, in risposta alla nostra lettrice, è necessario precisare che non sempre il ricalcolo porta automaticamente benefici. Non è detto che le sue ultime retribuzioni abbiano realmente penalizzato l’importo finale della pensione. Pertanto, la convenienza del ricalcolo deve essere valutata caso per caso.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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