Una delle misure previdenziali più controverse disponibili attualmente per i contribuenti è senza dubbio l’Ape sociale, la misura che permette di andare in pensione a 63 anni. Spesso le regole di questo strumento sono talmente particolari che nemmeno dall’INPS si riescono ad avere risposte certe, soprattutto riguardo alle situazioni che comportano il respingimento della domanda di certificazione del diritto.
Questo perché i requisiti per sfruttare l’Ape sociale non sono sempre facili da comprendere e ancor meno semplici da soddisfare.
L’analisi sulla pensione a 63 anni con l’Ape sociale
Oggi analizziamo tutte le particolarità che spesso causano il respingimento della pratica per l’Ape sociale, partendo da un caso specifico:
«Ho compiuto 63 anni e 5 mesi a gennaio.
Vi spiego brevemente la mia situazione che ha portato l’INPS a respingere la mia domanda di certificazione per l’Ape sociale. Dopo aver percepito tutta la Naspi, ho svolto un breve periodo di lavoro durato pochi mesi. A causa di questo lavoro successivo alla Naspi, la mia domanda è stata respinta. Nonostante non avessi maturato nuovi diritti alla Naspi, non riesco a comprendere cosa abbia determinato questa esclusione.»
Il motivo del rifiuto, dunque, risiede probabilmente nel fatto che l’ultimo rapporto lavorativo successivo alla Naspi impedisce di fatto l’accesso all’Ape sociale, anche se si è percepita integralmente l’indennità di disoccupazione in precedenza.
Per i disoccupati l’Ape sociale diventa complicata da prendere
L’Anticipo Pensionistico sociale (Ape sociale) per i disoccupati richiede generalmente che il lavoratore abbia terminato completamente di percepire la Naspi derivante dall’ultimo rapporto di lavoro. Ciò significa che l’ultimo lavoro svolto deve necessariamente dare diritto alla Naspi; pertanto, il richiedente non deve aver cessato l’attività lavorativa per scelta volontaria.
Il requisito fondamentale è che l’ultimo periodo lavorativo dia diritto alla Naspi, e che questa sia integralmente percepita. Questo vincolo potrebbe essere proprio quello che ha determinato il blocco della domanda del nostro lettore.
Altri problemi per altre categorie di contribuenti, la pensione a 63 anni diventa difficile
Ma non solo i disoccupati trovano difficoltà con l’Ape sociale. Anche chi appartiene alle altre categorie ammesse a questa misura, come ad esempio i caregiver, deve rispettare precisi requisiti. È fondamentale che il caregiver sia convivente con il disabile da almeno sei mesi prima di presentare la domanda. Per parenti di secondo grado, il diritto scatta solo in assenza di parenti di primo grado, o qualora questi siano anch’essi invalidi gravi o molto anziani.
Pensioni calcolate con il sistema contributivo, ecco come si fa a determinare l’importo
Il sistema contributivo ormai interessa la maggior parte dei lavoratori che devono ancora accedere alla pensione. Sono sempre meno i lavoratori che possono beneficiare del sistema misto (retributivo-contributivo), essendo necessario avere almeno 18 anni di contributi maturati al 31 dicembre 1995 per usufruire parzialmente del calcolo retributivo.
Per chi ha avuto uno stipendio medio di 1.500 euro al mese durante tutta la carriera, determinare il montante contributivo è semplice, così come è semplice calcolare la pensione spettante in base agli anni di versamenti.
Gli esempi pratici di calcolo della pensione, ecco i conti e gli importi con stipendio di 1.500 euro al mese
Uno stipendio lordo mensile di 1.500 euro significa uno stipendio lordo annuale di 19.500 euro. Con un’aliquota contributiva del 33%, il lavoratore accumula ogni anno 6.435 euro nel montante contributivo. Con 10 anni di contributi, il montante raggiunge 64.350 euro. A 20 anni (il minimo per la pensione di vecchiaia) i contributi accumulati sono 128.700 euro. Con 30 anni 193.050 euro e con 40 anni 257.400 euro.
A 67 anni, con un coefficiente di trasformazione previsto per il 2025 pari al 5,608%, il montante contributivo (rivalutato al tasso d’inflazione) viene moltiplicato per tale coefficiente per determinare la pensione annua. L’importo annuale diviso per 13 determina la pensione mensile.
Molto dipende dal numero di anni di contributi versati
Un lavoratore con 20 anni di contributi, montante di 128.700 euro (che rivalutato potrebbe raggiungere circa 150.000 euro), riceverebbe una pensione annuale di circa 8.412 euro, equivalenti a circa 647 euro mensili.
Con 30 anni di contributi e un montante lordo di circa 220.000 euro rivalutati, la pensione sarebbe di circa 12.337 euro annui. Ossia circa 950 euro al mese.
Infine, con 40 anni di contributi e un montante lordo di circa 300.000 euro, la pensione annua sarebbe di 16.824 euro, cioè circa 1.294 euro mensili.