Come avete potuto snobbare il brillante piano della Commissione europea per eliminare le auto con motore a combustione e tendere alle sole auto elettriche? Come vi siete permessi di pensare che costassero troppo e che non ci fosse un’infrastruttura ancora adeguata a garantirne l’utilizzo giornaliero? Ma non disperatevi, perché a Bruxelles è arrivata la soluzione: riconversione bellica. Anziché recriminare su quanto siano ignoranti i consumatori europei, i commissari hanno dimostrato di avere un cuore e di saper capire i problemi della gente comune.
Dal flop Green Deal ai carri armati
L’industria dell’auto è collassata? Tranquilli, inizieranno a produrre carri armati.
In Germania ci si sta pensando sul serio. La società della difesa Rheimetall si è detta disposta a rilevare uno stabilimento Volkswagen per la riconversione bellica. La casa automobilistica tedesca aveva annunciato in autunno la chiusura di almeno due stabilimenti in patria e si era parlato del licenziamento di 15.000 dipendenti. Il caso scosse l’opinione pubblica e con ogni probabilità ha affossato le chance del cancelliere Olaf Scholz di ottenere un secondo mandato.
In Italia ci stiamo arrivando. Il ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso, ha reso nota la disponibilità del governo di incentivare eventuali piani di riconversione per le aziende in crisi. Da noi è Stellantis a tenere banco con una produzione che nel 2024 è crollata del 37% ad appena 475.000, di cui appena 283.000 auto (-46%) come nel 1956. Chissà cosa avrà da dire il presidente John Elkann, in audizione al Parlamento questo mercoledì. Questo è stato il Green Deal europeo. Un piano devastante orchestrato da devastati mentali sconnessi dal comune senso di vivere.
Fine dell’eccezione europea
Il rimedio non può che essere eclatante. La riconversione bellica arriva al momento giusto. C’è il presidente Donald Trump che minaccia di toglierci l’ombrello NATO se non aumentiamo la nostra spesa militare. Dall’altra parte, Vladimir Putin non lascia dormire sonni tranquilli. Più in generale, siamo la barzelletta del mondo: ricchi e senza neanche un coltello da cucina per poterci difendere dal ladro in casa. E’ finita l’era dei figli dei fiori, del pacifismo un tanto al chilo, di “Imagine” come inno eterno di un continente “peace and love”.
Riconversione bellica non significa solo carri armati, anzi questi incideranno poco rispetto alla più ampia necessità di riarmare l’Italia. Ne possediamo appena 200, mezzi risalenti agli anni Ottanta e per metà inutilizzabili per l’assenza di ricambi. Servirà aumentarne la dotazione insieme all’artiglieria, alle munizioni, così come investire tanti miliardi in più in tecnologia. E qui le sinergie con la Francia arriverebbero anche tramite Stm, colosso della microelettronica controllato pariteticamente da Roma e Parigi.
Per riconversione bellica serviranno anni
Serve a tante cose la riconversione bellica. In primis, a rimediare al disastro commesso con il Green Deal. Secondariamente, a sostenere l’economia europea in panne. Terzo, ad aumentare la sicurezza continentale dopo decenni di sotto-investimenti. Infine, a spingere sulla tecnologia, settore dal quale dipendiamo totalmente dagli Stati Uniti senza un’industria autonoma degna di menzione.
Ci vorranno anni prima che gli obiettivi potranno dirsi raggiunti. Nessuno s’immagini che basti spendere per ottenere i risultati. L’Europa sul riarmo è come quel giovanotto alle prese con un business plan per cimentarsi su un mercato su cui ha mai operato e intende cimentarsi. Pensa di disporre dei capitali, ma gli mancano approfondite conoscenze e relazioni con i fornitori. Buona fortuna!