I rispettivi staff hanno smentito che tra la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ci sia stata una discussione dai toni accesi durante la settimana scorsa. Non conosciamo l’entità dei decibel, eppure sembra che tra i due qualche battuta non proprio sussurrata vi sia stata. Motivo del contendere? La prima non ha apprezzato il contraltare del secondo sul fatto che il riarmo europeo non potrebbe avvenire a discapito dell’erogazione di servizi come sanità e scuola.
Aumento spesa militare
A dividere Meloni e Giorgetti non è stata la sostanza, dato che anche la premier concorda circa la necessità di mostrare prudenza sull’aumento della spesa militare a debito e meno che mai immagina di dovere tagliare i servizi essenziali per finanziare la difesa.
Solo che questa è una fase delicata, in cui le posizioni in politica estera devono essere chiare per mostrarsi responsabili e affidabili agli occhi degli alleati. Che non sono solo gli europei, ma anche gli americani. Proprio il presidente Donald Trump ci chiede di spendere di più per la nostra stessa sicurezza, altrimenti dovremmo arrangiarci senza il sostegno americano.
Nessuna corsa al debito in Italia
L’Italia non può permettersi la baldanza tedesca in fatto di ricorso al debito pubblico. Altro che bazooka da 1.000 miliardi di euro come promesso dal cancelliere “in pectore” Friedrich Merz. Persino una pistola ad acqua da 100 miliardi in un decennio sarebbe per noi un grosso lusso. Con un rapporto debito/Pil sopra il 135% c’è poco da spendere in deficit. Meloni e Giorgetti godono di grande fiducia sui mercati finanziari.
Sembra quasi naturale affermarlo oggi, ma le premesse furono del tutto diverse due anni e mezzo fa, quando i due entrarono rispettivamente a Palazzo Chigi e in via XX Settembre. Parte della stampa internazionale tuonava contro un nuovo “rischio spread”.
Sono bastate pochissime settimane per far cambiare umore agli investitori. I risultati hanno subito parlato chiaro: boom di Piazza Affari, ritorno dei capitali stranieri sui BTp e spread in netto calo. Ieri, quest’ultimo si aggirava in area 107 punti base, sempre ai minimi dal 2021. Significa che il rischio sovrano è considerato stabile e il più basso da molti anni a questa parte. Il fatto che non sia risalito dopo il boom dei rendimenti tedeschi, segnala che c’è fiducia circa la stabilità dei conti pubblici italiani nei prossimi anni. L’avanzo primario, cioè al netto della spesa per interessi, nel 2024 è salito da -3,6% a +0,4% del Pil. Un balzo così forte non si vedeva da mezzo secolo a questa parte.
Prudenza di Meloni e Giorgetti paga
I mercati sono consapevoli che l’Italia, pur volendo, non potrebbe mettersi a inseguire la Germania sull’aumento della spesa militare. Lo stesso dicasi per la Francia. Ciò li conforta, così come la stabilità politica che garantirebbe il controllo delle finanze statali a medio-lungo termine. Le distanze tra Italia e Germania in fatto di debito si ridurrebbero nei prossimi anni.
La linea della prudenza di Meloni e Giorgetti si tradurrebbe in un vantaggio netto positivo per l’economia italiana: relativamente meno indebitata e con maggiore crescita del Pil grazie al riarmo europeo. E anche le distanze con gli Oat decennali francesi restano stabili attorno alla soglia dei 35 punti.