Mario Draghi è tornato in Parlamento per la prima volta da quando annunciò le sue dimissioni da premier nel luglio del 2022. Nessuna nostalgia di quei tempi, tant’è che il già governatore della Banca Centrale Europea (BCE) vi ha rimesso piede per aggiornare le sue riflessioni in merito al Rapporto sulla competitività europea di 6 mesi fa. Ha elencato tutta una serie di problemi per il Vecchio Continente e l’Italia, trovandovi la medesima soluzione propinata ormai da tempo: il debito europeo.
Draghi chiede comando unico per la difesa
La premessa è che Draghi è molto critico con il legislatore comunitario, che a suo avviso avrebbe peccato di iper-regolamentazione, al contempo non riuscendo a creare un vero mercato dei capitali.
Il risultato è che perdiamo competitività con gli Stati Uniti e le distanze tra le due sponde dell’Atlantico si ampliano di anno in anno. Nulla di nuovo. La vera novità è che egli ha dovuto rivedere le sue riflessioni alla luce della proposta di riarmo arrivata dalla Commissione europea e abbracciata praticamente da tutti i governi, Germania in testa.
Sul tema Draghi dice una cosa non del tutto originale, nel senso che è stato già detto: più che ad aumentare la spesa militare, i governi comunitari dovrebbero agire come se fossero un unico stato, attraverso un comando unico per la difesa. Il problema di noi europei, in effetti, non è soltanto che spendiamo poco per la sicurezza esterna, ma anche la ridondanza delle nostre spese. Se agissimo come se fossimo una sola realtà, ci sarebbe una razionalizzazione dei bilanci e spenderemmo meglio le risorse.
Debito europeo per ristrettezze di bilancio nazionali
Per Draghi, comunque, il tema vero è un altro: gli europei non investono i loro risparmi nell’Unione Europea e nel solo 2024 sono defluiti 500 miliardi di euro. In parole povere, stiamo finanziando lo sviluppo di altre aree, Stati Uniti in testa. La soluzione? Oltre alla rimozione delle barriere interne, che fungono da maxi-dazio mascherato tra il 45% e il 110%, dovremmo ricorrere al debito europeo. L’UE avrebbe la capacità di reperire risorse sui mercati finanziari al posto degli stati nazionali, i quali perlopiù hanno disponibilità di bilancio assai ridotte.
Dire debito europeo o comune è proporre gli Eurobond, un vecchio pallino di Draghi sin da quando era a capo della BCE. Neanche questa è, dunque, una novità. Se vogliamo dirla tutta, sembra che l’ex premier abbia un’ossessione verso questo tema. Fu lui a sdoganare agli occhi degli italiani il famigerato “debito buono“. E tutti a corrergli dietro come se fosse la scoperta di una nuova legge sulla gravità. Cosa intendeva? Esistono debiti e debiti. Alcuni servono per potenziare la crescita dell’economia, altri per fare spesa corrente. I primi possono avere un impatto positivo sul sistema Paese, a differenza dei secondi.
Ricetta keynesiana di Draghi
Con il debito europeo il discorso è parzialmente differente, ma la sostanza resta la stessa: serve spendere più di quanto si incassi per investire in sviluppo.
Una ricetta keynesiana vecchia di un secolo, che i draghiani a Roma spacciano per novità. Il problema è che molti ci credono e si autodefiniscono persino “liberali”. La proposta non convince da diversi punti di vista. In primis, l’UE non è uno stato e sebbene Draghi voglia renderla tale, la realtà continua ad essere diversa dal mondo ideale a cui egli aspira.
Un non stato non può ricorrere all’indebitamento in maniera disinvolta. Non dispone di entrate proprie e agli occhi dei mercati resta un organismo alla mercé di bilanci terzi. L’UE senza gli stati nazionali non avrebbe un solo euro con cui rimborsare i debiti. Fino a quando richiede agli investitori alcune centinaia di miliardi, questi sono disposti ad offrirgliele senza remore. Quando s’ipotizza il ricorso stabile al debito europeo, tuttavia, qualcuno inizierà a chiedersi con quali risorse la controparte pagherebbe in futuro. E se è vero che restano obbligati in solido gli stati membri, tanto vale prestarli a loro direttamente, anziché prestarsi a un escamotage per aggirare i finanziamenti nazionali.
Debito europeo non soluzione e apolitica
Soprattutto, Draghi cela che il debito europeo non sarebbe un pasto gratis per nessuno. Maggiori emissioni sovranazionali andrebbero a discapito dell’appeal delle emissioni nazionali. I rendimenti salirebbero e con essi la spesa per interessi sostenuta dai cittadini. Infine, l’indebitamento è la soluzione apolitica per eccellenza, cioè di chi non riesce a scegliere tra priorità di spesa. Draghi politico non lo è mai stato e lo ha svelato platealmente mancando l’elezione a presidente della Repubblica nel 2022 per le mosse sbagliate commesse nel rapportarsi ai partiti che lo sostenevano al governo.