Titoli francesi stabili dopo l’interdizione di Le Pen, anche se dobbiamo prepararci al peggio

I titoli di stato francesi non sembrano avere risentito della sentenza di condanna per Marine Le Pen, leader della destra sovranista.
1 settimana fa
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Titoli francesi al test della nuova instabilità politica
Titoli francesi al test della nuova instabilità politica © Licenza Creative Commons

Calma piatta sul mercato dei titoli di stato francesi dopo la sentenza di ieri con cui Marine Le Pen è stata condannata in merito ad un caso di frode per fondi europei destinati ai dipendenti del partito all’Europarlamento. Non solo dovrà versare 100.000 euro, ma è stata interdetta dai pubblici uffici per 5 anni. Se questa pena fosse confermata in appello, non potrebbe ricandidarsi alle elezioni presidenziali del 2027. Una notizia che terremota il panorama politico già precario della Francia, perché la leader del Rassemblement National è in testa nei sondaggi per succedere tra due anni all’uscente Emmanuel Macron.

Probabile nuovo caos politico

Questo evento può colpire i titoli francesi.

Il decennale attualmente offre un rendimento del 3,38%, a premio di 71 punti base o 0,71% sul Bund di pari durata. Prima che i rendimenti europei salissero a marzo, lo spread Oat-Bund si attestava a 75 punti. In pratica, c’è stato persino un lieve miglioramento. I CDS a 5 anni, che assicurano contro il rischio di default, sono rincarati di 6 punti base nel frattempo, più dei 4,5 per i BTp e gli 1,5 per i Bund. Un lieve peggioramento relativo non degno di nota, anche perché i valori assoluti restano bassissimi.

Non è il caso di sottovalutare quanto avvenuto. I titoli francesi sono stati oggetto di vendite nella seconda metà dello scorso anno. Macron sciolse l’Assemblea Nazionale a seguito della dura sconfitta patita dal suo partito centrista alle elezioni europee di giugno. La conquista della maggioranza assoluta dei seggi da parte della destra sovranista fu impedita dalle desistenze elettorali tra centristi e Nuovo Fronte Popolare. Ma ne è scaturito il caos politico. Un nuovo governo veniva formato solamente dopo due mesi e mezzo e sarebbe durato appena tre mesi. A guidarlo è stato l’ex commissario Michel Barnier.

Gli è succeduto François Bayrou, quarto premier in meno di un anno.

Equilibrio precario per governo Bayrou

Bayrou è riuscito a stento a far passare il nuovo bilancio per il 2025, ma senza farlo approvare dall’Assemblea, in assenza di una propria maggioranza. Ha aperto alle modifiche della riforma delle pensioni e altre misure invocate da destra e sinistra. Resta il fatto che la sua sopravvivenza politica si regge sull’astensione di Le Pen, che con il suo partito gli ha evitato la sfiducia richiesta da France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.

Di tutto Parigi avrebbe bisogno in questa fase, fuorché una nuova crisi di governo. Se Le Pen lo sfiduciasse, la seconda economia dell’Eurozona resterebbe ancora una volta senza guida in un momento cruciale sia per gli scenari internazionali che per i conti pubblici. Il deficit fiscale nel 2024 è salito al 5,8% del Pil. Meno del previsto, ma comunque altissimo. La crescita economica rallenta e il debito pubblico tende a lievitare in rapporto al Pil. Le agenzie di rating hanno più volte declassato i titoli francesi nell’ultimo anno. A metà marzo Fitch ha confermato il giudizio AA- con outlook negativo, mentre S&P aveva rivisto quest’ultimo a negativo con medesimo giudizio a fine febbraio. Anche per Moody’s è Aa3, ma con outlook stabile.

Titoli francesi a rischio sell-off

I titoli francesi si allontanano dai rating tripla A assegnati alla Germania, riflettendosi nell’aumento dello spread. Questi era in area 50 punti base un anno fa. Viceversa, si avvicinano ai livelli di rendimento italiani. Le distanze si sono ridotte intorno ai 40 punti e con minimi a 30 punti nei mesi passati. Sfioravano i 90 un anno fa. Tra l’altro, i propositi di Macron sul riarmo non saranno sostenibili in deficit. In assenza degli Eurobond, la Francia difficilmente potrà finanziare l’aumento della spesa militare ricorrendo alle emissioni sul mercato. La spesa per interessi lieviterebbe al punto da allontanare ulteriormente la discesa del deficit sotto il 3%, già rinviata al 2029. E gli investitori hanno segnalato apertamente nell’ultimo anno di avere perso la pazienza.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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