Il fondo sovrano norvegese pensa al riarmo, opposizioni in pressing sul governo

Opposizioni in pressing sul governo per chiedere che il fondo sovrano norvegese possa tornare ad investire nell'industria delle armi.
3 settimane fa
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Fondo sovrano norvegese apre all'industria delle armi?
Fondo sovrano norvegese apre all'industria delle armi? © Licenza Creative Commons

Il vento del riarmo soffia forte anche su Oslo, anzi è proprio nel Nord Europa che si gioca la partita della sicurezza nel Vecchio Continente. I Paesi della Scandinavia hanno paura della Russia di Vladimir Putin per la loro integrità territoriale. Norvegia e Finlandia vi confinano e la Svezia vi è vicina. Non a caso, dopo l’invasione dell’Ucraina le ultime due sono andate a ripararsi sotto l’ombrello della NATO. E novità presto potrebbero arrivare per il fondo sovrano norvegese. Gestisce asset per quasi 18.400 miliardi di corone locali, qualcosa come circa 1.800 miliardi di dollari al tasso di cambio attuale. Detiene partecipazioni azionarie in 9.000 società quotate in borsa di tutto il mondo, l’1,5% della capitalizzazione complessiva.

Nel 2024 ha registrato un utile di 222 miliardi di dollari.

Fondo sovrano norvegese verso cambio di policy?

Il fondo sovrano norvegese non può investire, però, in qualsiasi società. Da inizi anni Duemila ha adottato una policy restrittiva, tesa a impedire di acquistare bond o azioni emessi dalle industrie delle armi, del tabacco, inquinanti o che violino in qualche modo i diritti umani. Una “blacklist” di 250 società, tra cui compare anche l’italiana Fincantieri per violazione dei diritti umani. Peculiare per un ente, le cui entrate derivano esclusivamente dagli introiti fiscali di petrolio e gas.

In Norvegia si andrà ad elezioni nel prossimo mese di settembre e il Partito Laburista fino ad allora governerà da solo dopo aver perso il sostegno di un partito alleato. Nei sondaggi è tornato ad imporsi in termini di consenso, ma le opposizioni di centro-destra potrebbero prevalere.

E sono proprio i due principali partiti avversari ad invocare un cambio di policy per il fondo sovrano norvegese. Tina Bru, numero due del Partito Conservatore, ha chiesto al governo di ripensare al divieto di investire nell’industria delle armi, dato che lo stesso stato compra materiale per la sicurezza dalle società inserite nella lista nera.

Riarmo europeo divide governo e opposizioni ad Oslo

Hans Andrea Limi, deputato del Partito del Progresso, è ancora più esplicito: “è un’ipocrisia che impediamo al fondo sovrano norvegese di investire in società da cui lo stato si rifornisce. Siamo membri della NATO e siamo dipendenti dalla sicurezza concessaci dagli Stati Uniti”. Nessun commento al riguardo è arrivato dal CEO Nicolai Tangen. La questione formalmente non si pone neppure. Non bastano un paio di dichiarazioni per cambiare approccio su un tema così delicato. E’ possibile che il cambiamento si abbia con le prossime elezioni. L’eventuale vittoria dei partiti oggi alle opposizioni può allentare i divieti sopra indicati.

Può anche darsi che la stessa sinistra, se riconfermata, superato lo scoglio elettorale spinga il fondo sovrano norvegese ad investire nell’industria delle armi. Non si tratta di sostegno ideologico, bensì di affari. Questo settore sta assistendo ad un boom in borsa impensabile fino a poco tempo fa. E trarre beneficio da questo trend sarebbe opportuno. Ricordiamo che l’ente investe per conto dei 5,5 milioni di norvegesi, formalmente a sostegno delle loro pensioni future.

Tanto per fare un esempio, la britannica Bae Systems, attiva nell’industria aerospaziale, guadagna da inizio anno più del 35% alla Borsa di Londra. Compare tra le società out per Oslo.

Fuga globale da politiche woke

In Italia, Leonardo segna un rialzo del 71% quest’anno, cioè in appena tre mesi. Tuttavia, il fondo sovrano norvegese già compare nel suo capitale con una quota dell’1,19%. Dunque, l’eventuale cambio di policy non comporterebbe alcun impatto positivo diretto. Non è detto che arrivi nel concreto, anche perché le quotazioni azionarie del settore hanno già scontato il riarmo europeo e ad Oslo potrebbero immaginare che sia ormai tardi per entrare sul mercato.

L’ipocrisia non riguarda solamente il fondo sovrano norvegese. Basti guardare a cosa sta succedendo da mesi in America. Quasi tutte le aziende che fingevano di battersi per le cosiddette politiche D&I, votato alla diversità e all’inclusione, vi hanno rinunciato. Tra queste persino BlackRock, principale fondo obbligazionario al mondo con asset gestiti per 11.500 miliardi a fine 2024. Il suo CEO Larry Fink era diventato il sacerdote del politicamente corretto negli ultimi anni, benedicendo le politiche ESG e woke. Peccato che abbia cambiato idea non appena Donald Trump è stato rieletto presidente. Adesso, non solo ha ritirato il fondo dal gruppo internazionale per la neutralità carbonica. E’ arrivato ad ammettere che le economie che hanno puntato sull’immigrazione cresceranno meno delle altre, in quanto hanno impostato politiche di bassi salari e bassa innovazione tecnologica.

Fondo sovrano norvegese al bivio

Lo stesso fondo sovrano norvegese è stato attivo nel veicolare una precisa policy, forte della sua presenza diffusa nell’azionariato di tutto il mondo. Con il riarmo europeo è caduta l’ipocrisia di chi propagandava idee accattivanti per una parte del mercato, al solo fine di attirarne gli investimenti e godere di una buona reputazione tra l’opinione pubblica. L’Unione Europea ha proposto un piano da 800 miliardi in 5 anni per la difesa del continente. In deficit, ennesima conferma di come anche le regole fiscali siano piegate al raggiungimento di obiettivi di altra portata.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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